Kenya

località: malindi tzavo
stato: kenya (ke)

Data inizio viaggio: venerdì 1 agosto 2008
Data fine viaggio: lunedì 25 agosto 2008


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venerdì 1 agosto 2008

Senza che l’inchiostro intinto nel calamaio utilizzato nel corso del nostro viaggio francese testè terminato sia ancora asciutto, iniziamo la redazione dei nuovi appunti in attesa della conferma dell’andata in stampa, o meglio dell’invio ai miei carissimi lettori, del capitolo concernente la scappatella agostana oltre confine.

Il tempo tecnico del cambio delle valigie, del riassetto delle nuances dell’abbigliamento ed eccoci, dopo qualche minimo disguido organizzativo causa ritardi aeroportuali, con le palpebre ben serrate a farci cullare dal rombo dei propulsori dell’aereo che ci porterà a bissare nel corso di questo 2007 lo sfioramento del terreno sul continente nero.

Sembra incredibile, quasi impossibile, ma anche solo per il necessario scalo tecnico di rifornimento, rivediamo la magica insegna di benvenuto della misteriosa ed affascinante isola di Zanzibar, che lasciamo per raggiungere dopo solo mezz’ora di saltino della quaglia a destinazione in Mombasa.

Il dovere di un cronista e di un reporter, sogni forse irraggiungibili cullati durante la decennale stesura dei presenti resoconti, mi dovrebbe costringere, deontologicamente parlando, a descrivere minuziosamente ciò che ci appare dopo il nostro arrivo in terra keniota ma onestamente trovo di una difficoltà pazzesca riuscire a trovare le parole per poter accennare alla miseria, alla povertà, all’indigenza, al nulla che ci circonda uscendo dalla seconda città del paese.

Per dirla fino in fondo non ho neanche il coraggio di impugnare la mia mano armata targata Nikon, guardo fuori dal finestrino, rimugino sull’esistenza terrena e penso, rifletto, medito….

Il concetto di politically correct è quanto mai in auge nell’attuale realtà progressista occidentale ed allora, senza alcuna preclusione classista, dobbiamo esaltare le doti del driver locale, cioccolatino extra fondente fratellino minore del galactico Hamilton arrivato in Formula Uno per sbancare il mercato, che con sorpassi da brivido, staccate all’ultimo istante, serpentine degne del miglior slalomista dolomitico ci conduce sulla INTERstate che lungo l’Oceano Indiano tra buche, crateri, fossette, gobbe, dossi ed ostacoli vari ha come direzione Malindi.

Nonostante tutto eccoci arrivati, mi sono consultato con il comitato di redazione dei pensatori fuori di testa, di cui sono presidente honoris causa, e ho deciso , ahimè per la prima delle detrattrici impersonificata dalla consorte, di proseguire con le descrizioni, i dettagli, gli appunti e gli spunti di viaggio sempre e comunque dalla mia “prospettiva bizzarra”.

Ora è arrivato il momento della confessione ed allora giurando di dichiarare la verità, tutta la verità, niente altro che la verità, ammetto di non essere azionista o partner strategico del Ventaglio, assicurando così la mia totale imparzialità di giudizio e di opinione. Temile Point è un gioiello, un mini villaggio con le rifiniture, il confort e l’eleganza di un resort che può benissimo assurgere a rilevanza continentale.

I pochi edifici, in stile prettamente indigeno, sono inseriti tra infinite varietà di piante esotiche, di fiori variopinti, di cespugli rigogliosi con vialetti curati millimetricamente il tutto in una atmosfera alquanto raffinata e sofisticata tenendo presente la posizione geografica di due gradi sotto l’Equatore.

Prendiamo possesso della location, accumuliamo qualche decina di megabyte nelle memorie delle digitali ed assistiamo allo spettacolo serale che si rivela veramente impressionante grazie alla forza fisica ed alle perigliose acrobazie di sei indigeni, molto simili ai cirtecopitechi che popolano il villaggio, in quanto praticamente disossati ed estremamente flessibili, compiono evoluzioni ginniche del tutto simili a quanto in uso tra i primati sugli alberi.

Stamattina ritengo di aver speso nel migliore dei modi di questi quasi miei 42 anni di vita dieci dollari, affidando il nucleo famigliare nelle mani di due beach boys che, parlando tricolore molto meglio del 95% dei nostri veri connazionali, ci hanno portato su di una spiaggia, ovviamente indicata come costa dell’amore, assolutamente da inserire sul podio da medaglia tra tutte quelle fotografate sul pianeta terra: eravamo in sei, sabbia color della neve, qualche scoglio ricoperto d’erba, fogliame ed arbusti verdissimi, cielo blu cobalto, acqua trasparente dell’Oceano ed il cocktail ottenuto servito fresco grazie ad una eccezionale spolverata di brezza marina.

La vita al villaggio è a dir poco sotto controllo da ogni punto di vista, i due pargoli monopolizzano nella sua totalità la piscina condominiale che stiamo seriamente pensando di acquistare, il percorso della triangolazione ristorante, camere, specchio d’acqua assolutamente irrisorio al punto che per cercare di bruciare qualche caloria, ovviamente ingurgitata in dose massicce, ci rendiamo disponibili per i più biechi intrattenimenti ludici e le più vergognose comparsate con l’animazione giusto per vivere sempre più intensamente questa ennesima esperienza ventagliesca.

Quattro pallinate a ping pong, due o tre scocchi di freccia al tiro con l’arco, ben sei o sette bracciate nell’acqua cristallina oltre a qualche minuto, ovviamente niente di più, nella palestra riccamente attrezzata sono tutto quello di alternativo che la nostra scatola cranica pensante elabora in alternativa alla piacevolissima distensione degli arti baciati dalla stella solare che contribuisce ad un immediato aumento del tasso di abbronzatura pigmentosa.