Omoa e Tela, diario di viaggio
località: omoa, tela
stato: honduras (hn)
Data inizio viaggio:
venerdì 20 maggio 2005
Data fine viaggio:
domenica 22 maggio 2005
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venerdì 20 maggio 2005
Le città della costa Hondurena
Il percorso per raggiungere l'Honduras, non si è dimostrato affatto facile. Una volta lasciato Tikal, con un bus diretto a Copan Ruines, siamo scesi a Ruidosa, una cittadina al confine tra Guatemala ed Honduras (ma ancora in Guatemala!) e da lì abbiamo cominciato a chiedere informazioni su come fosse possibile attraversare il confine. Voci insistenti dicevano che il metodo più semplice era quello di pigliare un collettivo (si tratta di una camionetta che può trasportare all'incirca una decina di persone, anche se in realtà ne carica molte di più!) e successivamente un taxi. Così abbiamo fatto, siamo saliti nella camionetta e ci siamo affidati all'autista per farci smontare in un luogo vicino al confine. In questo fantomatico luogo abbiamo ceduto al confort di un taxi che per una cifra tutto sommato onesta, ci ha fatto finalmente attraversare la frontiera con l'Honduras. La cosa che ci ha colpito parecchio è l'immensa zona franca tra Guatemala ed Honduras: una immensa terra di nessuno, lunga chilometri e tappezzata ovunque da coltivazioni di ananas e banane. Il taxi ci ha lasciati nel primo paese al di là della frontiera... come spesso succede, anche in questo caso la parola "paese" risultava un gigantismo. Era più che altro un gruppetto sparuto di case, prive di strade asfaltate ed immerse in un mare di fango. Neanche il tempo di mettere i piedi a terra, o meglio nel fango, e siamo stati presi d'assalto dai "cambisti", ragazzini spesso giovanissimi che si aggiravano con pacchi di banconote tra le mani e chiedevano se volevamo cambiare un po' di moneta locale.
Ci siamo al più presto informati quando sarebbe partito il prossimo autobus per la costa e poi ci siamo seduti ad aspettare. Dopo una mezz'oretta d'attesa, dal fango è spuntata la sagoma di un bus, che più di un bus sembrava quasi un mezzo corazzato, con ruote larghissime e conformate, con una carrozzeria decisamente robusta. Dopo un primo momento di stupore, abbiamo capito le ragioni di una tale conformazione: la strada per raggiungere la "civiltà" si è rivelata lunga, ma soprattutto non asfaltata ed accidentata, disseminata da buche, dossi e guadi di ruscelli.
La nostra meta era un paesino di mare chiamato Omoa, dove avevamo progettato di trascorrere qualche giorno all'insegna della spiaggia e del mare, visto che secondo le nostre informazioni, l'Honduras possiede una delle barriere coralline più grandi del mondo, seconda solamente a quella australiana. Per raggiungere Omoa, ci siamo sorbiti la bellezza di tre ore di strada accidentata, per arrivare distrutti a destinazione. Al nostro arrivo sapevamo già dove andare a dimorare, e scesi dal bus, abbiamo trovato uno strano veicolo a pedali che fungeva da taxi gratuito fino all'ostello che avevamo prescelto (in realtà era l'unica possibilità). Con non poca fatica il conduttore del "risciò", ha portato a termine il suo lavoro in un lago di sudore ma alla fine siamo riusciti a sistemarci ed in un baleno eravamo già pronti a raggiungere la spiaggia! Le aspettative erano molte, forse troppe e come al solito sono fatte per essere disattese... è stato proprio così! La spiaggia non aveva nulla di caraibico, era scura e mal tenuta, con lavori incorso d'opera... indegno! Per fortuna l'acqua sembrava pulita, ma certo non bastava a soddisfare i nostri desideri. Dopo questo duro contatto con la realtà, abbiamo passato una mezz'ora nel pontile, in compagnia di chiassosi bambini che cercavano di pescare qualche pesciolino per la cena. Anche noi in vista della cena, siamo tornati in ostello per farci una doccia. La nostra dimora era un vecchio edificio in legno, immerso in un giardino davvero verdissimo e ben curato (forse più dell'edificio stesso!). forse anche grazie alla complicità di questo bel giardino, il nostro dormitorio era letteralmente infestato da colonie di arroganti e affamatissime zanzare: devastante! Fortunatamente la nostra sofferenza era condivisa da altre tre compagne di sventura, un'olandese, una svizzera e un'inglese: eravamo tutti sulla stessa barca e stavamo colando a picco. Queste precarie condizioni ci hanno fatto decidere di levare le tende il giorno seguente. Per consolarci siamo andati a consumare una cenetta con i fiocchi, totalmente a base di pesce: succosa! La cena è stata seguita dalla consueta passeggiatina digestiva attraverso le viuzze del paese in una tranquillità assoluta.
sabato 21 maggio 2005
Il mattino successivo preceduti dalla nostre coinquiline, abbiamo abbandonato l'ostello e con lui Omoa, per cercare maggiore fortuna a Tela.
Per raggiungere la città di Tela, il percorso si presentava abbastanza articolato. Non esisteva un bus diretto e l'unica soluzione era quella di raggiungere San Pedro de Sula (la seconda metropoli honduregna) e da lì pigliare un secondo bus per Tela. Arrivati a San Pedro de Sula, dopo due ore spese nell'ennesimo bus, ci siamo preoccupati di trovare un altro bus che ci portasse alla nostra ultima destinazione. Prima di lasciare la città abbiamo speso più di un'ora a giro vagare per le affollatissime vie del centro in cerca di un cambista che ci procurasse un po' di grana. Ottenuto il malloppo siamo ritornati in stazione per salire in un straripante autobus in direzione Tela. Il veicolo era certamente dei più popolari con una temperatura interna che sfiorava i quaranta gradi allietata da giganteschi altoparlanti che irradiavamo musica a palla. Con altre due ore di viaggio interrotte da un cambio di veicolo non bene identificato eravamo giunti alla meta. Anche Tela non si presentava certo come una metropoli ma più che alto come un tranquillissimo paesino di periferia dove la vita trascorreva senza troppe emozioni. Smontati dal bus abbiamo preso un taxi per raggiungere un albergo dove passare la notte; in tasca avevamo due nominativi: il primo, ricavato da una casa coloniale, era decisamente carino ma si è rivelato troppo costoso, il secondo invece, più spartano, faceva al nostro caso. A dire il vero il termine "spartano" era forse un eufemismo: si trattava anche questa volta di una stanza al limite dell'abitabile con un tetto in lamierato, dai letti consumati ed un bagno ricavato da un divisorio posticcio posto in un angolo dell'abitazione. Il giardino poi era in terra fangosa ed abitato da un gatto e un'anatra molto aggressiva. Anche qui la nostra prima preoccupazione era quella di dirigersi alla spiaggia per vedere se la situazione era migliorata. Giusto il tempo di depositare i bagagli ed eravamo gia in marcia verso la spiaggia, in verità il tragitto che ci divideva dal mare era breve ed ancora una volta siamo rimasti profondamente delusi. Le nostre aspettative se ne erano andate in fumo: spiaggia stretta e scura erano lo scenario che ci circondava... se possibile ancora peggio di Omoa. Con il morale a pezzi siamo andati a visitare un poco la città, nella speranza di trovare qualcosa di particolarmente interessante. A tale proposito ci siamo imbattuti in un internet cafè gestito da un italiano che ormai da più di dieci anni si era trasferito a vivere a Tela. Il nostro connazionale si chiamava Sergio e teneva tra le braccia una stupenda bambina di colore, sua figlia Valentina: adorabile. Sergio ci ha tempestato di informazioni sull'Honduras, confermandoci che la città in cui ritrovavamo era una sorta di "cimitero" dove alla sera l'unica cosa da fare era dormire. Ci ha inoltre confermato quello che temavamo: il mar del Caribe in Honduras non lo avremmo mai trovato se non nelle Bay Islands. Con questa consapevolezza in tasca, dopo un breve giretto per la cittadina (un mortorio!) siamo andati a cenare in un ristorantino locale brulicante di pargoletti. Da lì, destinazione obbligata il nostro letto puzzolente.