San Cristobal

località: san cristobal
stato: messico (mx)

Data inizio viaggio: domenica 1 maggio 2005
Data fine viaggio: martedì 3 maggio 2005


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domenica 1 maggio 2005

Abbiamo lasciato la città di Oaxaca intorno alle 21:30 consapevoli che davanti a noi ci aspettavano circa dieci ore di sofferenza, attraverso le irte montagne del Chiapas, un continuo saliscendi fino a 2200 metri, passando tra mille tornanti e curve impossibili. Tutto sommato il viaggio non si è rivelato così malvagio e siamo pure riusciti a schiacciare un pisolino, infagottati nel nostro sacco a pelo, visto il brusco calo della temperatura. Intorno alle sette del mattino abbiamo finalmente raggiunto la piccola stazione di San Cristobal. A dire il vero, forse per l'ora un po' improponibile o forse per il freddo a cui non eravamo abituati, ci siamo sentiti un poco disorientati... per di più, per la prima volta, non avevamo nessuna indicazione su dove poter trovare un ostello dove appoggiare il nostro stanco culetto. Ma non è stato poi così difficile uscire da questa situazione: nemmeno il tempo di mettere piede al di fuori della stazione e subito un simpatico giovanotto è venuto a proporci quella che per lui doveva essere un'ottima sistemazione. Non avendo altra scelta, ci siamo fidati di questo baldo giovane e ci siamo fiondati nel taxi per farci accompagnare a destinazione. In effetti l'ostello non era niente male... oltre ad una discreta cameretta privata, il servizio includeva cafè, internet e cable television tutto sommato per una modica cifra.
Gustata una buona tazza di cafè e trascorsa un'oretta davanti alla televisione (di cui era ormai rimasto solo un vago ricordo), abbiamo deciso di prenderci il primo assaggio della città. Da subito abbiamo capito che anche questa cittadina non era poi così immensa, tutto racchiuso in pochi chilometri quadrati. Ci siamo immediatamente recati verso lo Zocalo (la piazza principale) attraverso stradine dalle case variopinte ed affollate di bancarelle e gente impegnata in trattative. Lo Zocalo era molto carino circondato da ombreggiati portici sotto i quali proliferavano innumerevoli ristoranti. Esattamente di fronte al Zocalo si ergeva l'imponente cattedrale, anch'essa dotata di una grande piazza che si sviluppava di fronte alla navata principale. Questa piazza era letteralmente presa d'assalto dalle "campesinas", le contadine provenienti dall'immediata periferia, che insieme alle loro nidiate di pargoletti, erano impegnati ad offrire ai turisti svariati lavoretti frutto della loro abilità artigianale. Caduti nella "trappola", anche noi abbiamo ceduto all'acquisto. Dopo una fugace visita all'interno della cattedrale, caratterizzata dal solito mega altare principale imbevuto di oro e argento, ci siamo diretti al vicino ufficio turistico per recuperare una mappa della città ed avere ulteriori informazioni su ciò che era possibile visitare. Fra le possibile soluzioni a nostra disposizione, una in particolare ha destato il nostro interesse: il museo di medicina Maya, situato nella prima periferia. Per raggiungerlo abbiamo attraversato mezza città, accorgendoci come man mano che procedevamo verso l'esterno, le condizioni dell'edificato degradavano a vista d'occhio. Dalle affascinanti case coloniali del centro, verso edifici anonimi costruiti con blocchi di cemento a vista, fino alle prime baraccopoli in legno, lamiera e fango che circondavano l'area del museo. Nonostante le precarie condizione del luogo, la nostra attenzione è stata catturata soprattutto dall'incredibile numero di bambini che giocavano e si divertivano rincorrendosi tra le baracche. Ma torniamo al museo... a prima vista si è presentato decisamente spartano, in linea con il quartiere in cui era inserito. Tra l'altro ormai si stava facendo tardi e dovevamo muoverci se volevamo riuscire a visitarlo nella sua interezza. Ce l'abbiamo fatta e con il supporto di un libricino scritto pure in italiano, siamo riusciti ad apprezzare in pieno il senso del museo. Attraverso svariate sale, proponeva, attraverso immagini di vita quotidiana, tutta l'esperienza e l'abilità del popolo Maya nel ricavare dalle piante che li circondavano, ciò che oggi noi compriamo in farmacia. È stato incredibile vedere come per ogni più disparata patologia essi avessero individuato un rimedio naturale, accompagnato da riti e gestualità che facevano parte della loro cultura. Al di là dei riti scaramantici, effettuati quasi sempre con il sacrificio di una gallina nera, e nei confronti dei quali si possono nutrire delle comprensibili perplessità, sta di fatto che è invece indubbia l'efficacia degli estratti vegetali. A dimostrare ciò, a lato del museo è sorta anche una specie di fabbrica farmaceutica, dove vengono prodotti e venduti i vecchi rimedi Maya.
Abbiamo lasciato il museo quando il cielo cominciava già ad oscurarsi ripercorrendo la strada in direzione opposta visitando il marcato, che stava chiudendo i battenti, e la basilica che vista l'ora tarda ci siamo promessi di rivisitare l'indomani. Rientrati in ostello era giunta l'ora di una doccia ristoratrice per poi uscire e mettere qualcosa nello stomaco. La scelta è ricaduta su un ristorante economico che proponeva tortas, l'equivalente messicano dei nostri panini e ci siamo poi diretti verso lo Zocalo per la consueta passeggiata digestiva. Nello specifico la nostra attenzione e stata attirata da un grande arco illuminato che in qualche modo ci ha riportato alla mente il mitico arco di Costantino che svetta nella nostra amata capitale.

lunedì 2 maggio 2005

La mattina seguente abbiamo prenotato quello che si annunciava come un interessantissimo trekking a cavallo che ci avrebbe condotto a visitare un popolo che abitava in mezzo alle montagne. A dire il vero più che dei cavalli rassomigliavano a dei muli, anche se di tanto in tanto forse presi da un briciolo d'orgoglio ci concedevano delle emozionanti cavalcate. La passeggiata si è rivelata davvero entusiasmante portandoci attraverso un panorama fatto di verdi vallate e di freddi ruscelli in cui le campesinas si dannavano ancora l'anima a lavare il bucato con le proprie mani... alla faccia della lavatrice. Dopo circa un'ora e mezza a dorso dei nostri fedelissimi muli siamo arrivati al villaggio e parcheggiati i destrieri abbiamo continuato a piedi fino alla piazza principale. Eravamo praticamente gli unici turisti ed eravamo capitati proprio nel bel mezzo di una festa paesana. Ci siamo guardati un po' intorno con discrezione per non infastidire l'atmosfera cittadina e dopo uno spuntino a base di frutta ce ne siamo ritornati dai nostri cavalli. Abbiamo ripercorso in parte la strada già fatta all'andata per poi deviare in una scorciatoia nel bosco. Il tempo di portare la nostra testa sotto i pini e dal cielo è scesa una pioggia copiosa, non c'erano rifugi o ripari naturali l'unica soluzione era quella di galoppare e andare avanti. E così abbiamo fatto costantemente accompagnati dalla pioggia sino al nostro arrivo; fradici da testa a piedi abbiamo acchiappato il primo bus per ritornare all'ostello. Fatta la doccia ci siamo accorti di cosa può capitare dopo una cavalcata di tre ore a dorso di un mulo. Avevamo il culo infiammato, le articolazioni doloranti, la schiena e le ginocchia a pezzi e le gambe facevano "Giacomo".

martedì 3 maggio 2005

La mattina seguente era ormai giunta l'ora di lasciare San Cristobal ma non prima di una veloce visitina alla basilica e al mercato che avevamo velocemente visionato il giorno prima. A mezzodì siamo ritornati in ostello per caricare gli zaini e dirigerci in quella stessa stazione che ci aveva visto arrivare tre giorni prima... questa volta per una nuova destinazione: Palenque.