Myanmar

località: mandalay, sagaing, amarapura, mingun, bagan, monte popa, kalaw, pindaya, inle lake, yangon
regione: mandalay,stato shan,yangon
stato: birmania (mm)

Data inizio viaggio: martedì 20 dicembre 1994
Data fine viaggio: mercoledì 28 dicembre 1994

Tour effettuato come parte di un viaggio comprendente anche una breve sosta a Bangkok in Thailandia e un appendice in Malesia. Giunto in Myanmar con un amico in volo Air Asia dall'Aeroporto Don Mueong di Bangkok in Thailandia e atterrato a Mandalay. Partito dal Myanmar in volo Air Asia da Yangon a Kuala Lumpur in Malesia.

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Mandalay

martedì 20 dicembre 1994

Arriviamo in tarda mattinata all'Aeroporto di Mandalay, uno scalo di medie dimensioni un po datato e molto trascurato. Gli ambienti interni sono polverosi, manca del tutto l'aria condizionata e un profilato di alluminio posto sul pavimento dell'area arrivi è quasi disvelto tanto che una turista finisce per inciampare. Per fortuna le formalità doganali sono veloci nonostante temessi per il visto applicatomi all'Ambasciata di Roma costituito da un timbro sdoppiato praticamente indecifrabile. Ritirati i bagagli ci attende all'uscita con un vistoso cartello in mano con indicati i nostri nomi il ragazzo che ci farà da autista per i prossimi giorni. Il tipo dice di chiamarsi So, non parla una parola di italiano e conosce un limitatissimo numero di vocaboli in inglese resi per altro incomprensibili quando mastica la noce di betel. Dialogare sarà difficilissimo ma riusciremo quasi sempre a farci capire. Una strada deserta e polverosa ci conduce a Mandalay, città abbastanza caotica ma niente a che vedere con il traffico dell'India o con le strade intasate di ciclomotori del Vietnam. E' una città di palazzi molto simili a quelli dell'era comunista nell'est Europa. Ci fermiamo al Tempio Maha Myat Muni Paya che conserva una delle statue di Budda più venerate del Myanmar. Purtroppo non abbiamo ancora cambiato la moneta locale per cui non possiamo pagare il biglietto che ci permetterebbe di scattare le foto. Non si paga invece l'ingresso e questo ci consente di vedere i fedeli pregare a gambe incrociate di fronte alla statua. Gli addetti alla sicurezza sono molto intransigenti con i turisti, noi eravamo semplicemente seduti a terra e ci hanno fatto notare che dovevamo incrociare le gambe. E' andata peggio a un turista che è stato allontanato perchè i suoi pantaloni non avevano una lunghezza appropriata, coprivano i ginocchi ma non le caviglie! Solo agli uomini è consentito avvicinarsi e salire su una scala per raggiungere una piattaforma a ridosso del Budda. Qui i fedeli applicano sulla statua dei sottilissimi strati d'oro. Percorrendo un lungo corridoio su cui si affacciano numerosi negozi di articoli sacri (è una caratteristica di tutti i Templi) torniamo alla nostra vettura. Il mezzo di trasporto messoci a disposizione è un microbus abbastanza nuovo e ben tenuto, l'autista è cortese, ci offre spesso bottiglie d'acqua fresca e salviette umide per pulirsi i piedi, indispensabili visto che nelle aree sacre si può camminare solo scalzi e non sono consentiti neppure i calzini. Ci fermiamo a cambiare la valuta in un negozio di argenteria. Qui cambiano solo Dollari statunitensi ed Euro ma devono essere in perfetto stato, non sono accettati se scritti o rotti e devono essere emessi dopo il 2007. Gli Euro vengono convertiti alla pari con i Dollari, motivo per cui cambiamo la moneta americana. In Hotel incontriamo la referente del nostro tour operatore di Yangon che ci consegna i vaucher degli alloggi e ci mette in contatto telefonico con Teo, il titolare dell'Agenzia. L'Hotel è elegante e pulito, anche la camera è curata, dispone di due letti singoli spaziosi, un frigobar fornito e un grande bagno con vasca. Abbiamo a disposizione un bollitore, bustine di te, zucchero, caffè solubile e due bottiglie d'acqua. L'autista ci accompagna in un negozietto dove si producono le foglie d'oro che abbiamo visto poco tempo prima applicare dai fedeli sulla statua di Budda. Tre giovani picchiano violenti colpi di mazza su una pietra che funge da pressa per l'oro riducendolo ad uno strato così sottile da renderlo impalpabile. Le sferzate sono così possenti che le pietre scottano. Visitiamo anche lo show room dove con nostro grande piacere scopriamo che, a differenza di altri Paesi vicini, in Myanmar i commercianti non sono insistenti nel voler vendere i loro prodotti. Andiamo poi a vedere il Monastero di teak di Shwenandaw scampato alla devastazione che subì il Palazzo Reale: E' appena fuori dalle mura rettangolari che circondano l'attuale centro del potere della città, praticamente off limits per i turisti visto che il nostro autista ci passa alla larga. Del resto non credo che sia molto interessante in quanto frutto di una ricostruzione recente. Le mura sono merlate, interrotte da qualche torretta, circondano una vasta area. Ci trasferiamo al Tempio Kuthodaw Paya famoso per contenere il libro più grande del Mondo. Trattasi di un testo sacro scritto su grosse lastre di pietra ognuna delle quali inserita in una cappella intonacata di bianco. Visto che le "pagine" sono tante anche le cappelle risultano numerose. La cosa che però risalta di più nel recinto del Tempio è la stupa dorata. La nostra vettura sale sulla Mandalay Hill facendosi spazio tra numerosi pick up carichi di turisti giunti a quest'ora come noi per aspettare il tramonto. Il vertice della collina lo raggiungiamo con tre lunghe rampe di scale mobili. Come era prevedibile più che il Tempio in se è interessante il panorama sulla città e la campagna circostante su cui il sole lentamente tramonta. Ci stiamo abituando a camminare scalzi e in tale condizione torniamo al microbus dribblando numerosi pick up.
E' ora di cena e l'autista ci porta in un ristorante cinese, un ambiente assolutamente spartano con una gettata di cemento al posto delle piastrelle e tavoli polverosi. Con grande difficoltà riesco ad ingurgitare qualcosa di apparentemente commestibile e penso che come in India mi toccherà fare la fame. Tra l'altro So ci ha lasciato qui indicandoci l'hotel che si trova subito voltato l'angolo. Dopo cena (si fa per dire) rientriamo nel nostro alloggio. C'è un potente wi fi che ci consente di comunicare con le famiglie. A parte il cibo è stata una giornata positiva anche se non abbiamo visto niente di eccezionale.

Dintorni di Mandalay

giovedì 22 dicembre 1994

Dopo l'abbondante colazione a buffet in Hotel, scendiamo nella hall dove ci attende l'autista. So è premuroso, ci consegna le bottiglie di acqua fresca e ci conduce al ponte di legno di Amarapura. Il ponte pedonale è lungo più di un km e collega due sponde di un lago. Nella stagione delle piogge l'acqua rasenta la passerella ma in quella secca i piloni di legno sono quasi completamente scoperti. Il piccolo lago è solcato da caratteristiche barchette multicolori mentre sulle rive si pratica l'agricoltura come centinaia di anni fa. Contadine con il caratteristico cappello conico tipico di questa regione e aratri trainati da coppie di buoi punteggiano i campi circostanti. Parte del lago è transennato come allevamento di pesci. Il ponte è percorso in entrambi i sensi da contadini, turisti e monaci. Tutti a piedi, anche coloro che hanno una bicicletta che si limitano a trainarla. Noi lo attraversiamo nei due sensi di marcia osservando l'ambiente e l'umanità che ci circonda. Torniamo ad Amarapura giusto in tempo per assistere al lungo corteo di monaci che raccolgono le offerte facendosi largo tra fedeli e turisti armati di macchine fotografiche. Nelle ciotole dei monaci finiscono offerte in denaro, pugni di riso e caramelle. In prossimità del Monastero ricevono una scodella di riso che loro confratelli raccolgono con la mestola da un grosso recipiente di rame. Entrati nella sala mensa si siedono ai tavoli per consumare le offerte mentre numerosi turisti continuano a seguirli per scattare foto.
Lasciamo Amarapura e attraversato uno dei due grossi ponti sull'Irrawaddy andiamo a Sagaing salendo sulle colline intorno alla città disseminate di Templi e Pagode.Andando verso questa località sostiamo in un Monastero attratti da numerosi bambini che giocano nell'ampio cortile. Bambini e bambine sono vestiti con la tipica tunica dei monaci buddisti e sono rasati in testa. Le femmine giocano con l'elastico o saltano la corda, i maschietti sono impegnati in una rudimentale partita di calcio in cui un piccolo pallone rotola nella polvere. Non bisogna farsi trarre in inganno dal loro indumento, qui i bambini vengono a scuola e non è detto che diventino dei ministri di culto. Il Myanmar è intriso di religiosità e la gente trascorre, indipendentemente dall'età, periodi di meditazione nei monasteri. La maggior parte poi torna a casa e riprende le normali attività quotidiane, molti restano ed è per questo che una buona percentuale degli abitanti del Myanmar sono Monaci. In ogni caso la stragrande maggioranza della gente è profondamente buddista. Saliti sulla collina di Sagaing ci fermiamo ad osservare dall'alto il corso dell'Irrawaddy e le numerose pagode dorate che emergono dalla vegetazione delle colline circostanti tra cui quella dove ci troviamo. Tra i tanti Templi scegliamo quello famoso per una lunga teoria di Budda semicircolare. Il Tempio segue l'inclinazione del colle salendo fino in alto con una serie di edicole votive e statue più o meno grandi. Da Sagaing torniamo a Mandalay raggiungendo un punto di imbarco sull'Irrawaddy dove ci aspetta un grosso barcone di legno tutto per noi. Il battello solca lentamente le acque del fiume con una navigazione turistica che ci permette di vedere lo scarno paesaggio circostante. Abbiamo a disposizione due sedie a sdraio di legno e un tavolinetto con un pò di frutta secca da sgranocchiare. In circa un'ora siamo nel villaggio di Mingun che si staglia all'orizzonte con l'alta piattaforma di una Pagoda incompiuta che avrebbe dovuto essere la più grande del Paese. Scendiamo su una riva sabbiosa dove viene lanciata l'ancora (una specie di freccia). Ad accoglierci un carrettino coperto trainato da buoi con la vistosa scritta TAXI. Decidiamo di prenderlo e così veniamo sballottati per la strada sterrata piena di sassi e buche che causa qualche disagio al nostro fondo schiena. L'anziano conduttore ci ferma prima nel Tempietto che ospita la campana più grande del Mondo tra quelle funzionanti (la Zarina di Mosca è più grossa ma è rotta), poi in prossimità di una fantastica Pagoda bianchissima. Questa è un alta struttura intonacata a calce che presenta una strana architettura ad onde simmetriche. Saliamo in cima accompagnati da due simpatiche ragazzine che si offrono come guide. Ripartiamo con il nostro rudimentale mezzo a trazione animale e scendiamo di fronte all'enorme basamento della Pagoda incompiuta. Ci sarebbe anche la possibilità di salire la scala che porta in cima ma rinunciamo. Torniamo invece all'imbarco dove ci attende il battello che abbiamo noleggiato con tanto di equipaggio, Un occhiata al corso del fiume percorso da qualche chiatta che trasporta merce e poi crociera di ritorno che in circa un'ora ci riporta a Mandalay. E' stata un intensa giornata, non ci resta che tornare all'Hotel per riposare.

Da Mandalay a Bagan

venerdì 23 dicembre 1994

Dopo la colazione in Hotel ci trasferiamo con il nostro mezzo a Bagan. La strada passa di fronta a poveri villaggi di contadini che praticano un agricoltura di sussistenza priva di mezzi meccanici. Superiamo carrette trainate da buoi dove trova posto l'intera famiglia al ritorno dai campi. Facciamo un piccolo tratto in una strada secondaria sterrata per vedere da vicino le capanne in cui vivono. Facciamo una breve sosta in un area di servizio dove il nostro autista si fa confezionare una noce di betel da masticare avvolta in una foglia e condita con calce. Questo è il vizio di tutti gli uomini del Myanmar che si vedono sempre intenti a masticare con la mascella gonfia su un lato e quando aprono la bocca mostrano i denti color rosso fuoco. Ripartiti arriviamo a Bagan e depositati i bagagli nel nostro alloggio cominciamo la visita di alcune delle celeberrimi mille pagode. Probabiolmente non saranno mille ma certamente sono tante, disseminate in una vasta area solcata dal fiume si perdono a vista d'occhio. Abbiamo cercato di visitare le più significative. All'interno sono spoglie, presentano statue di Budda di tutte le forme e dimensioni, vestite con tuniche gialle o no, dorate o no. I fedeli applicano in ogni caso sottilissime foglie d'oro sulla loro superficie. Cerchiamo di visitare i templi rispettando la preghiera dei fedeli. Il trasferimento ci ha portato via molto tempo per cui oggi ci limitiamo a vederne solo alcuni tra cui uno affacciato alle rive del fiume. In tutti dobbiamo toglierci le scarpe che comunque troviamo sempre dove le lasciamo. Più che la bellezza della singola Pagoda è il loro insieme a rendere questo luogo meraviglioso. Per questo al tramonto saliamo su un Tempio per vedere questa immensa pianura punteggiata di Pagode. Venendo a Bagan abbiamo visto l'insegna di un Ristorante italiano, chiediamo all'autista di portarci e sarà una scelta azzeccata. Il Ristorante in realtà è di una signora del Canton Ticino ma si mangia divinamente. L'autista non sappiamo dove sia andato a cena ma viene a recuperarci e ci conduce in Hotel per il pernotto.

Le mille Pagode di Bagan

sabato 24 dicembre 1994

Dopo colazione in Hotel il nostro autista inizia un lungo tour tra i numerosi Templi della piana di Bagan. Tutta la giornata la spenderemo in questa vasta area visitando le Pagode più interessanti tra cui la grande Ananda. L'intensità della luce cambia di ora in ora dando sempre diverse sfumature e riflessi alle antiche architetture color ocra o alle cupole dorate. Spesso troviamo all'interno fedeli intenti a pregare o a dorare le statue di Budda. Interrompiamo la visita solo per una breve sosta nell'unico centro urbano di una certa consistenza nell'area delle mille Pagode. A Nyaung-u si trova un Monastero che nel cortile presenta una Pagoda dorata. Qui assistiamo al canto corale di un gruppo di monaci. E' necessario sottolineare che è difficile distinguere coloro che sono ministri di culto e le persone che indossano comunque la tunica. Almeno per noi non buddisti sembrano apparentemente vestiti uguale. Infatti i birmani fin da piccoli vivono periodi in Monastero e poi vi tornano a distanza di anni per trascorrere qualche mese di vita monacale di purificazione. Succede in pratica come per i militari svizzeri che dopo aver effettuato il corso rientrano a casa per poi tornare a indossare la divisa periodicamente durante il corso della loro esistenza. Inoltre in Myanmar indossano la tunica monacale anche i bambini e le bambine che frequentano i Monasteri o vi vanno a scuola. Tornando al coretto da cui abbiamo dissertato questi distinti signori ovviamente pregano a gambe giunte come è d'uso da queste parti. Nei pressi del Monastero c'è il mercato locale dove osserviamo molte donne con la tanaka cosparsa sulle guance. La tanaka è una polvere ottenuta dalla macinazione della corteccia di una pianta, ha il colore della cipria ma non è usata a solo scopo estetico, sembra che preservi il viso dalle scottature del sole. Al pari della noce di betel per gli uomini è un segno distintivo di questo Paese. Inoltre le donne, molto più che gli uomini, indossano in testa il copricapo conico alla cinese. Lasciata la cittadina riprendiamo il tour delle Pagode. Devo riconoscere che a forza di vederne ci sono venute un po a noia però qui non c'è altro da fare. Visto che questo luogo ci è piaciuto soprattutto per l'insieme e non per la singola architettura, al tramonto saliamo nuovamente sul tetto di un Tempio per assistere ad un bello spettacolo come quello della sera precedente. Vedere il sole che lentamente lascia il posto all'oscurità in questo luogo magico sarà il must di questo viaggio. Le mille Pagode in realtà comprendono anche numerosi Templi che Pagode non sono ma il colpo d'occhio è eccezionale. Eppure questo luogo non è inserito nella lista del patrimonio dell'umanità dell'Unesco perchè la dittatura militare non lo ha ristrutturato rispettando i canoni imposti da questo Ente internazionale. Scendiamo dal tetto del Tempio con una certa difficoltà sia perchè è quasi buio, sia perchè non ci sono protezioni e il percorso è pericolosamente sconnesso. Abbiamo invitato il nostro gentile autista a cena con noi ma ha rifiutato. Ci accompagna nuovamente al Ristorante della sera precedente dove ceniamo divinamente. La proprietaria svizzero-italiana ci consiglia di tornare al Tempio di Nyaung-U per assistere ad una cerimonia religiosa. Seguiamo il consiglio assistendo al sermone di un Monaco di fronte a una vasta platea seduta sui tappeti e a una piccola processione che gira intorno alla Pagoda dorata presente nel cortile.
Rientriamo poi in Hotel per il pernotto.

Monte Popa e Kalew

domenica 25 dicembre 1994

Dopo colazione lasciamo Bagan e le sue Pagode per un lungo trasferimento. E' talmente tanta la strada che ci separa dalla nostra prossima meta, il Lago Inle, che abbiamo deciso che stasera dormiremo a Kalew. Lasciata Bagan sostiamo per assistere alla produzione di caramelle gommose a base di cocco. La polpa viene macinata con mulini di pietra azionati da muli. Il preparato subisce poi una lunga bollitura e un successivo raffreddamento. Tutto il ciclo di lavorazione è rudimentale ma efficace. Ovviamente le condizioni igeniche lasciano molto a desiderare, piastrelle e pavimenti lavabili qui non sanno neanche cosa siano e in terra c'è solo sabbia. Il prodotto della lavorazione viene poi esposto su banchetti di legno ricoperti da un tetto di foglie essiccate. Riprendiamo il viaggio e ci fermiamo a Monte Popa, un'irta falesia in cima alla quale trova posto un fantastico Monastero. Apparentemente irraggiungibile è invece accessibile con una lunga rampa di scale che si snoda tra tempietti votivi e negozi di cianfrusaglie o oggetti religiosi. Per la sua collocazione ricorda le Meteore della Grecia, ma solo per quella, perchè qui è tutto molto kitch. I colori delle statue e dei Templi sono accesi, le figure sacre illuminate da luci ad intermittenza come quelle che si mettono sugli abeti a Natale. Il Monastero è senz'altro più bello visto da lontano che all'interno. Per arrivarci bisogna scalzarsi e dribblare decine di scimmie che si arrampicano ovunque lungo la scalinata. Ridiscesi riprendiamo il nostro mezzo dove ci aspetta l'autista e proseguiamo verso sud est. Diamo un'ultima occhiata dalla valle alle Pagode dorate che si innalzano dal Tempio sulla falesia che ha del fiabesco. Ci fermiamo in serata a Kalaw, una località montana che assomiglia poco agli altri centri del Myanmar. Tra l'altro con il calar del sole fa anche fresco e ciò non guasta dopo giorni di calura. L'Hotel dove soggiorniamo ha molti inserti di legno e non sfigurerebbe sulle Alpi. La sera ceniamo a lume di candela in un tipico ristorante turistico in stile alpino. Il pasto è gradevole e abbondante, lo chiudiamo con una banana flambè. Torniamo poi in Hotel per dormire.

Pindaya e Nyaungshwe

lunedì 26 dicembre 1994

Al mattino partiamo da Kalaw e lungo la strada ci fermiamo a Pindaya per visitare delle caverne all'interno delle quali è stato costruito un Tempio che custodisce migliaia di Budda di svariate dimensioni. Molte di queste statue sono state donate da comunità buddiste di altre Nazioni. E' un labirinto di statue dorare. Per arrivare alle Caverne si percorre una scalinata poi si sale con un ascensore. Dopo la visita proseguiamo per Nyaungshwe, la città nei pressi della costa settentrionale del Lago Inle. Breve sosta all'Agenzia di viaggi che ci organizzerà il tour del lago domani e dove decido di sostituire il volo aereo per Yangoon che effettueremo tra due giorni con un trasferimento in bus. Ho timore degli aerei birmani che spesso sono coinvolti in incidenti. Il nostro gentile autista con cui purtroppo non abbiamo potuto dialogare per incomprensioni linguistiche, ci accompagna in Hotel per poi rientrare a Mandalay dove vive. Lo ringraziamo con una meritata mancia. Noi invece una volta sistemati i bagagli, passeggiamo per la città entrando anche in un paio di Monasteri per vedere i giovani intenti a lodare il Budda con i loro sai giallognoli. Probabilmente non sono Monaci full time ma sono qui per il periodico ritiro spirituale. Molti sono ragazzi e in quanto tali oltre a pregare giocano. Il gioco tipico birmano consiste nel passarsi una palla fatta di canna di bambù intrecciata lanciandola con qualsiasi parte del corpo tranne che con le mani. Sono dei giocolieri, un monaco scavalcato da un pallonetto senza neanche girarsi colpisce la palla con un colpo di tacco e la rimette in gioco. All'imbrunire giriamo per il corso principale stando attenti a non inciampare nelle voragini che si aprono sui marciapiedi sconnessi ed evitando di non finire in tombini aperti. Assistiamo ad uno spettacolo di marionette ad uso dei turisti, poi rientriamo in Hotel per il pernotto anche perchè domani mattina ci alzeremo presto per il tour. Nonostante il luogo sia trasandato vi sono molti turisti essendo questo è l'hab per il Lago Inle.

Lago Inle

martedì 27 dicembre 1994

Facciamo un abbondante colazione nel nostro Hotel, pieno di turisti occidentali. Viene poi a prelevarci un mezzo della locale agenzia di viaggi e ci conduce al porto della città posto su un canale affluente dell'Inle dove ci imbarchiamo su una lancia a motore tutta per noi. La foschia del primo mattino rende surreale l'ambiente, il canale è molto trafficato da barche e lance che trasportano persone e merci. All'imbocco del lago il sole ha preso il sopravvento, vediamo i primi pescatori che muovono le loro barchette remando con una gamba. Indossano il caratteristico copricapo conico e catturano i pesci con delle nasse coniche. Sono l'elemento caratteristico principale del Lago che ha però molto altro da offrire. Un'altra caratteristica sono gli orti galleggianti. L'Inle è stretto tra le montagne per cui i locali non avendo molto terreno disponibile da coltivare si sono adattati coltivando direttamente sulla superficie del Lago. Scendiamo in un villaggio dove è giorno di mercato. Qui si ritrovano esponenti di varie etnie con i loro costumi. Si vende di tutto, i contadine espongono i loro prodotti sulle bancarelle pesandoli poi con la bilancia stadera. C'è chi cucina in pentoloni posti sul fuoco di legna, chi frigge le panzanelle e anche un barbiere! Ripartiamo con la lancia, osserviamo donne remare su rudimentali barchette ricavate scavando il tronco di un albero, passiamo a fianco a villaggi palafitticoli e ci fermiamo in un "centro commerciale" galleggiante. Scendiamo per vedere la produzione di tessuti con fibra di canna di bambù, da come viene ricavata la sottile fibra alla lavorazione con il telaio. Ci trasferiamo poi in altre due superfici galleggianti dove sono ubicati una fabbrica di sigari e un fabbro ferraio che forgia soffiando con uno stantuffo sul fuoco di legna poi modella il ferro martellandolo sull'incudine. Buon pranzo a base di pesce di lago in un ristorante palafitticolo e visita di un grande Tempio poi trasferimento in un piccolo villaggio per la visita ad un area archeologica dove sono presenti numerosissime pagode del passato, alcune dorate, altre in laterizio. L'ambiente lacustre è vario, si passa da grandi villaggi palafitticoli, a palafitte isolate dove le donne scendono sulla riva a lavare i panni, da stretti canali lambiti da rigogliosa vegetazione a distese di orti galleggianti. Tutto molto bello e insolito. Torniamo al porto di Nyaungshwe, recuperiamo i bagagli e raggiungiamo l'Agenzia di viaggi da dove saliamo sul bus diretto a Yangoon. Durante il viaggio ci fermeremo a cena in un grande ristorante. Riprendiamo il lungo trasferimento, i sedili sono comodi e permettono una rilassante dormita. Il bus è moderno e confortevole.

Yangoon

mercoledì 28 dicembre 1994

Al mattino siamo alla Stazione dei bus di Yangoon, in quella che fino a pochi anni fa era la capitale del Paese. Resta comunque la città più grande e moderna del Myanmar. Ad attenderci con un mezzo c'è l'autista inviato dall'agenzia turistica con cui abbiamo prenotato dall'Italia. Con lui andiamo prima in Hotel a depositare i bagagli poi in centro per visitare una Pagoda dorata e un Tempio dove in una vasca sguazzano tartarughe. Raggiungiamo la vicina sponda dell'Irrawedy con il porto fluviale dove è attraccato un vetusto barcone che alcuni uomini stanno scaricando ponendosi sulle spalle pesanti sacchi. Barchette colorate di pescatori solcano le acque del fiume, sono simili a quelle viste vicino al ponte di Amarapura, con la prua che sporge verso l'alto. Ci fermiamo poi in un elegante parco pubblico con laghetto da dove osserviamo la sagoma dorata della Swedegon Pagoda. I ristorantini del parco non presentano menù che ci aggradano e così chiediamo all'autista di portarci nel rinomato ristorante italiano della città. Ubicato in una zona residenziale il ristorante è ubicato in una elegante palazzina, le sale sono eleganti e pulite, il cibo ottimo, il migliore del tour. Anche il prezzo ovviamente è decisamente più alto ma meritava. Il pomeriggio è interamente dedicato alla visita della Swedegon, la Pagoda dorata considerata la più grande del Mondo. Si trova su un colle ed in effetti è molto grande, purtroppo è protetta da impalcature di canna di bambù perchè in ristrutturazione. Ciò non toglie di apprezzare la sua imponenza. Visitiamo Templi che si aprono lungo la sua circonferenza e ai quattro lati che la racchiudono. I fedeli pregano in ginocchio o cospargono acqua sulle statue sacre. La sera accendono fuochi e cantano. Ci sono numerosissimi monaci e anche giovani che indossano il sai rosso porpora, arancione o giallo zafferano. Dopo il tramonto torniamo con l'autista in Hotel per il pernotto.

Yangoon

giovedì 29 dicembre 1994

Mattinata libera, visitiamo le strade vicine all'Hotel su cui si affacciano numerosi negozi. Andiamo poi a visitare la Chiesa Cattolica, acquistiamo qualcosa per pranzare e attendiamo l'arrivo del mezzo che ci porterà all'aeroporto. Lungo la strada ci fermiamo nella sede dell'agenzia di viaggio che ci ha organizzato il tour per conoscere il proprietario. Sorprendentemente ci viene rimborsata buona parte del costo dell'aereo che avevamo prenotato ma che non abbiamo preso per arrivare a Yangoon dal Lago Inle. Non ce lo aspettavamo. Il mezzo dell'agenzia ci lascia all'aeroporto da cui partiamo con volo Air Asia diretto a Kuala Lumpur in Malesia.