FINALMENTE IN VACANZA- Siem Reap
sabato 3 febbraio 2007
Il volo per la Cambogia da Kuala Lumpur (Malesia), molto breve, è tranquillissimo. Atterriamo, nel caldo e piccolissimo aeroporto di Siem Reap, che serve l’area archeologia si Angkor Wat.
Le pratiche burocratiche sono un po’ lunghe. Bisogna fare tre code ma il problema è che i funzionari fanno tutto di corsa e decido di adeguarmi. Prendo i moduli e li scrivo stando in coda e non, come fanno molti uscendo dalla coda. Arrivo davanti al funzionario che li ho compilati, li consegno insieme ai 20 dollari e alla foto e ci spostiamo nell’altra coda attendendo di essere chiamati. I funzionari fanno i professionali ma in pratica sono solo di facciata e anzi non fanno molto. Durante l’ultima attesa si sono sciolti in risate perché non riescivano a pronunciare i nostri astrusi nomi italiani…. Altro controllo doganale e finalmente raggiungiamo le nostre valigie. All’uscita, come in tutti gli aeroporti chiedono la ricevuta quindi non perdetela nella confusione dei documenti.
Ci attende il taxi del nostro hotel con tanto di cartello con i nostri nomi ma, dopo averci accompagnati ci chiede 5 dollari. Il prezzo è corretto ma noi non avevamo richiesto tale servizio… prima lezione!
Come consigliato dal nostro amico ed esperto Teo (che ringrazieremo o malediremo a fasi alterne più volte durante il viaggio, povero Teo!) arrivati nel nostro hotel da sogno (veramente bellissimo!) Casa Angkor sistemati e rinfrescati, siamo subito usciti a caccia di biciclette da affittare per visitare il sito di Angkor e fare il tesserino per entrare tre giorni consecutivi. Il sole picchia forte sulla strada polverosa e trafficata alle due di pomeriggio. Le biciclette sono antiche e la pedalata è difficoltosa, non so perché sono così dure…. Ma il traffico mi diverte, ormai padrona delle regole stradali locali sfreccio negli incroci con Lore dietro di me nel panico per me e per se stesso. Arriviamo senza problemi alla barriera (segnalata sulle cartine) e paghiamo il biglietto valido per l’ingresso per tre giorni di 40 dollari a testa. Ci scattano una foto e in pochissimo minuti superiamo la barriera.
La strada è dritta, abbastanza asfaltata e ombrata dalla vegetazione. Ci sono anche diverse scimmiette che saltellano qua e la oltre a turisti su ogni mezzo (a piedi, in bici, sui motorini, sui calessi, sui tuk tuk, sugli elefanti). Abbiamo visitato il Bayon dai mille volti sorridenti e il bellissimo Angkor Wat dove avremmo voluto attendere il tramonto ma vinti dalla stanchezza e giustificati dalla foschia abbiamo deciso di rientrare in hotel. Sfiniti abbiamo restituito le bici, fatto scorta di acqua in una farmacia (sì, sì, e ad un ottimo prezzo) ed esausti ci siamo docciati togliendoci da dosso tutta la polvere, la stanchezza, il sudore di una giornata lunghissima. Cotti, mentre, indecisi sul da farsi, tentavamo di parlare ci siamo addormentati senza neppure cenare svegliandoci solo la mattina successiva. (Il viaggio aereo Milano – Roma – Kuala Lumpur è stato un incubo e non ci è stato possibile riposare, non ho ancora deciso dove pubblicare questa parte del viaggio.)
QUANDO LA NATURA SI FONDE CON L’ARTE - Siem Reap
domenica 4 febbraio 2007
Belli freschi, riposati ed affamati ci siamo svegliati presto, verso le 6 del mattino. Preparati per affrontare la giornata andiamo a rifocillarci con la colazione inclusa del nostro hotel. Qui, se aveva 30 acquista anche la lode! La colazione a buffet servita sui tavoli interni ed esterni nel giardino con pergolato è sensazionale! Dai primi ai secondi alla frutta è tutto squisito, abbondante, freschissimo. Insomma ci abbuffiamo un pochino di riso, bacon, pancake dolci, papaia ecc… quanto ne è valsa la pena!
Appena usciti dall’hotel, abbiamo iniziato a contrattare con un driver di tuk tuk per la giornata fissando un prezzo di 10$ per il tour grande, credo che il prezzo corretto fosse 6-8 $ ma tant’è, impareremo strada facendo a contrattare.
Il complesso dei templi è veramente maestoso e stupendo.
?La scelta è solitamente tra il circuito piccolo e quello grande ma, è un peccato scegliere. Se avessimo avuto il tempo sarebbe stato bello effettuare un giorno (magari il primo in cui avevamo solo mezza giornata) quello piccolo e il giorno successivo quello grande. Ma così è andata e, quindi, abbiamo trovato un accordo per fare entrambi. Sì perché, in realtà, per fare il circuito grande si passa accanto o quasi a quello piccolo quindi… basta contrattare fino ad ottenere un giusto compromesso stando fermi su quello che assolutamente si vuole vedere.
I templi che ci sono piaciuti di più in assoluto sono quelli classici: il Bayon, Angkor Wat, Angkor Thom, percorrendo la strada da sud a nord sono interessanti il Baphuon occidentale, la Terrazza degli Elefanti, il Phimeanakas ed il palazzo reale, la Terrazza del Re Lebbroso, Tep Pranam e Preah Palilay; ad est, il Prasats Suor Prat, il Khleang meridionale, Khleang settentrionale, e Preah Pithu.
Questi templi sono la più alta espressione architettonica dell’Impero Khmer che in un periodo di tempo di 300 anni, fra il 900 ed il 1200, costruì diverse capitali, spostandosi, di Re in Re di pochissimi chilometri dando vita all’attuale straordinaria concentrazione chiamata Angkor. Considerati capolavori dell'architettura mondiale, la spettacolarità è data anche dal luogo, immerso nella foresta, circondata dai laghi (più o meno artificiali) e da terreni coltivati.
Angkor è stata inclusa fra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. I templi dell'area di Angkor sono oltre un migliaio, alcuni ridotti a macerie di mattoni disseminati fra campi di riso; fra questi templi molti sono stati restaurati e ce ne sono alcuni famosissimi anche grazie a film, libri e addirittura un gioco per Playstation (una delle ambientazioni di Tekken, è il luogo dove il giocatore incontra il suo ultimo avversario Heihachi Mishima).
Ci si chiede, visitandolo, come mai sia stato abbandonato, la risposta arriva dalla storia, infatti un attacco da parte degli altri nemici di sempre, ossia i Thai (dalla Thailandia) fece sì che la capitale venne spostata e, il sito di Ankor venne ricoperto dalla folta vegetazione fino ad essere dimenticato. Furono, infatti i francesi a riscoprirlo nel XIX secolo e a restaurarlo (si aggiunsero poi giapponesi e un gruppo dell’Unesco) donandoci questo magnifico luogo.
? Il sole è implacabile ma fortunatamente il clima è asciutto ma la polvere e la terra si sollevano anche solo per il passaggio di un pollo, figuriamoci con un’auto o un bus. Il mio batik keniota è ormai diventato la mia “copertina di linus” ufficiale per difendermi ma nonostante questo si sente la polvere persino tra i denti. Alla fine del giro ho scattato una foto esemplificativa dei miei piedi sul tuk tuk che vedrete.
La visita ai templi è straordinaria, alcuni sono ripetitivi nell’architettura ma ogni volta si prova un’emozione diversa e quando inizi a essere un po’ stufo vieni sorpreso da qualcosa di particolare. Il percorso è una specie di anello che collega i vari templi, una volta singole capitali dell’Impero Khmer. E’, quindi, facile da visitare, soprattutto in tuk tuk, dove non esiste fatica. Inoltre, ad ogni angolo di sosta si trovano bar e ristoranti spartani e gli immancabili bambini che vendono di tutto, dalle cartoline ai libri a tutto quello che più interessare un turista. Ovviamente si contratta, vi consiglio l’acquisto di almeno un libro d’arte su Ankgor (vanno da 8 a 10 dollari). Noi ci siamo fermati per pranzare, visto che Sam, il nostro driver, non aveva terminato di mangiare (abbiamo constatato che ogni volta o mangiava o dormiva), Lore ha preso un piatto di riso con carne ed io il mio adorato cocco fresco, e freddo, da mangiare con il cucchiaio, purtroppo si trova solo nei paesi tropicali.
? Tornando ai templi, il magnifico Angkor Wat è ritenuto il singolo monumento religioso più grande del mondo,
eretto nel 1112 ritrae perfettamente la cosmologia Indù, con le torri centrali che rappresentano il Monte Meru (la casa degli dei), i muri esterni che rappresentano le montagne che racchiudono il mondo, e col fossato che rappresenta l'oceano oltre le montagne.
Successiva è la costruzione di Angkor Thom, per intenderci dove hanno girato il film del 2001 Tomb Raider, coincidente col cambiamento dall'Induismo al Buddhismo e costruita dopo il saccheggio dei Cham del 1177, i cugini e acerrimi nemici Vietnamiti che ritroveremo a Nha Trang
? Bellissimo e suggestivo è Angkor Thom (XII sec), nello stile Bayon, quindi edificato in laterizio con torri-viso che dominano ogni entrata della città. L’edificio doveva essere di grandi dimensioni, si visitano labirinti di stanze corridoi in cui infilarsi, perdersi e riprendere la strada segnata da passerelle che sono state costruite per salvaguardare le strutture più delicate. Gli alberi, lasciati crescere perché ormai parte integrante della struttura sono, stupefacenti. Sono giganteschi, e, infilandosi tra l’abbraccio delle loro grandi e forti radici e le pareti scolpite ci si sente piccoli piccoli. Si guarda in alto e non si è più in grado di capire se l’alchimia di questo suggestivo luogo possa esistere senza la forza e la prepotenza della natura. E’ il luogo sicuramente più emozionante di tutto il sito archeologico di Angkor.
Cercate di evitare i gruppi organizzati che come degli sciami, arrivano, occupano tutti i passaggi impedendo la visuale e la possibilità di scattare foto ma con la stessa irruenza lasciano presto le rovine. Dedicategli, invece più tempo, insieme al Bayon è il posto più significativo da visitare.
Alla fine della visita, ormai pomeriggio ci rendiamo conto di essere rossi: perché ricoperti dalla finissima terra rossa e perchè il sole forte a cui la nostra pelle stile mozzarella non è preparata, nonostante il protettivo.
Docciati ci siamo tuffati nella fresca piscina, unici in acqua, mentre qualche anglosassone, sulle sdraio, protetti dagli ombrelloni, proseguivano a legge libri impassibili nonostante la caotica vita cambogiana oltre il muro.
Rilassati, rinfrescati e profumati siamo usciti per fare un giro in “centro”, per cercare un internet point, i biglietti per Phnom Pehn, un pochino di shopping e per cenare. Ci informiamo presso il nostro hotel sul costo della speedy boat e del bus per la capitale e ci vengono sparati prezzi folli: per la prima 35 $ mentre per il secondo 15 $. Un’altra via di transito, molto suggestiva è linea ferroviaria Battambang - Phnom Penh perché i binari sono più spesso sfruttati dal cosidetto Bamboo Train che si molta e si rismonta per dare la precedenza. Questo giro implica, però almeno un paio di giorni che noi non abbiamo.
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domenica 4 febbraio 2007
La città pare un cantiere impolverato: i marciapiedi in fare di costruzione, palazzi nuovi dalle architetture occidentali crescono tra le vecchie case. Ogni 100 metri si vedono agenzie che offrono pacchetti turistici e biglietti per raggiungere la capitale. Risultato, appena in fondo alla nostra via acquistiamo il biglietto per il bus, partenza ore 8:00, arrivo stimato 13:00 prezzo: 4 $ a testa!
Soddisfatti dell’acquisto proseguiamo il giretto entrando nel nostro primo mercato dove, ovviamente, riusciremo a farci “fregare” subito. Abbiamo, infatti, dopo lunghe trattative, comperiamo delle borsette in seta peraltro molto carine, abbassando di metà il prezzo di partenza. Sappiate, però, che non conviene comperare nulla a Siam Reap perché troverete le stesse identiche cose sia nella capitale sia a Saigon a prezzi nettamente inferiori!
Il mercato è il classico bazar coperto con tantissimi negozietti in cui è facile trovare dei souvenir anche se all’inizio di un viaggio si tende a rimandare.
Il centro è costituito da due vie parallele tutte ristoranti, pub ecc. che potrebbero benissimo fare concorrenza ai nostri locali. Essendo presto abbiamo girato un pochino leggendo menù e prezzi ben esposti sulla strada davanti ai relativi tavolini. Vi consiglio di consultarli sempre prima di sedervi e ordinare per evitare brutte sorprese. Il primo giorno mi è stata concessa la scelta del ristorante dove abbiamo assaggiato delle specialità cambogiane da me molto apprezzate ma di cui non saprei identificare gli ingredienti… i prezzi sono più elevati rispetto al resto della Cambogia e del Vietnam. Noi per una cena abbiamo speso 3,50 $ a testa (birra + Amak una zuppa Khmer con tagliolini), considerate che durante il resto del viaggio in media abbiamo speso a testa per pasto da 1 a 3 dollari al massimo!
L’ambiente è rilassato, sono quasi tutti turisti indipendenti che, con la loro Tiger, piuttosto che la Anchor (birre da provare!) si scambiano impressioni. Le luci, la musica diffusa l’abbigliamento estivo e informale, il caldo contribuiscono a dare l’impressione di essere al mare, questa sensazione ci seguirà per quasi tutto il viaggio.
Stranamente per il paese non abbiamo incontrato i classici tour, soprattutto giapponesi che imperversavano implacabili all’interno del sito archeologico.
GITA FUORI PORTA – Siem Reap
lunedì 5 febbraio 2007
Il giorno successivo, dopo aver replicato la fantastica colazione, come da accordi, con Sam, il nostro driver, siamo andati al fiume dei 1000 linga e al bellissimo Barney Srei per un totale di 15 usd (che diventeranno poi 30 usd perché aggiungeremo altri viaggi, se siete capaci cercate di tenere prezzi più bassi perché ne approfittano)
I due siti sono abbastanza vicini tra di loro e vale la pena visitarli entrambi, compresi nel biglietto di Angkor. La strada è asfaltata anche se la polvere è sempre nell’aria.
Arrivati nel parcheggio dei 1000 linga si percorre un tratto a piedi in un sentiero nel bosco con qualche roccia, consiglio scarpe da trekking. Gli alberi sono bellissimi e con le loro grandi radici aeree formano dei strani disegni in aria. Si passa in mazzo a delle rocce grandissime, si sale una scalinata di fortuna e si arriva in una conca con una cascata che forma un laghetto pieno di farfalle multicolore in eterno moto, sembra un eden. Oltre si inizia il percorso utilizzato per le cerimonie in cui le rocce del letto del fiume sono state scolpite rappresentando i linga (da qui il nome), simbolo fallico, e altre divinità varie. La visita non è lunga e vale la pena di arrivare fino in fondo al sentiero. Spostandoci con il tuk tuk, dopo aver aspettato che Sam finisse di mangiare, arriviamo al tempio di Barney Srei. Bellissimo! Inizialmente si rimane perplessi per il colore scurissimo delle pietre ma la bellezza e la finezza dell’architettura e della scultura delle pietre lascia senza fiato. Viene chiamato anche il tempio delle donne proprio per la precisione e la delicatezza dei bassorilievi.
Ci siamo fermati poi a mangiare in un ristorante di fronte al sito dove abbiamo valutato di aggiungere un giretto al villaggio galleggiante.
La strada che porta all’imbarco è molto caratteristica: si passano quartieri dediti a lavori specifici mentre le case diventano sempre più rade e sempre più povere. Mentre a Siem Reap gli edifici sono di cemento e con diversi piani si arriva via via a casette in legno e paglia e infine solo campi allagati e bufali con dei curiosi ristoranti con terrazze piene di amache allineate per i clienti. Sempre lungo la strada, affianco della quale scorrono i canali, vedrete oltre ai pesci anche i serpenti stesi al sole ad essiccare, spiccano per il loro bel colore vermiglio così fotogenico.
Finito il giro, sempre più impolverati fino siamo immersi della piscina del nostro hotel. E’ stato rigenerante, rilassante… insomma un toccasana, pronti poi per uscire al centro a cenare. Questa volta non ci siamo trovati bene ed abbiamo pure pagato molto di più. Abbiamo perso un po’ di tempo in giro per locali e vicoli vari per goderci le ultime ore della città.
IN BUS VERSO LA CAPITALE
martedì 6 febbraio 2007
Dopo aver fatto check-out e salutato il fragrante hotel a piedi andiamo alla fermata del bus. Come impareremo, veniamo raccolti da un mini-van sovraffollato tanto da stare in piedi aggrappati a mucchi di valigie, e portati al bus definitivo dove “smistano” turisti e valigie per le varie destinazioni in modo chiaro e veloce. Nonostante ciò partiremo con un ritardo di almeno 30 minuti perché abbiamo aspettato un passeggero, un ragazzino del luogo che si è preso pure uno scappellotto per il ritardo procurato.
Il viaggio scorre senza intoppi e le soste sono ben calcolate. Arriviamo a Phnom Pehn con un’oretta massimo di ritardo sull’orario previsto.
Il bus si ferma all’hotel della Capitol Tour, pochi metri oltre l’agenzia. Subito siamo accerchiati da driver di moto e tuk tuk che cercano di accaparrarsi i clienti, degli uomini in divisa (guardie private o polizia o vigili non si capisce) cercano di tenerli un minimo a bada. E’ un caos. Noi afferriamo i nostri zaini e ci spostiamo nella hall dell’hotel aspettando che la strada si liberi e che i driver si calmino un pochino. Il bus si allontana e, con calma ci dirigiamo all’ufficio della Capitol Tour. L’ufficio è in realtà un punto d’incontro di viaggiatori, è un bar ristorante agenzia internet point ecc. E’ un posto d’altri tempi, una grande stanza che sa di stazione, con persone in continuo movimento con valigie al seguito, un vociare in tutte le lingue insomma una piccola babilonia ma rilassata con l’aria fresca che, sprizzata dal ventilatore, da quel tocco rigeneratore. Avremmo dovuto acquistare il viaggio sul Delta del Mekong ma vogliamo andare prima all’hotel e poi tornare con calma per vedere quali altri tour può offrirci.
Ci dirigiamo a piedi verso l’hotel prenotato tramite e-mail, sotto un sole caldissimo con l’asfalto rovente e ci accorgiamo subito del carattere chiuso e un po’ triste degli abitanti di questa città così tormentata e violata.
L’hotel è, (mannaggia Teo!) piccolino, essenziale e pulito. La nostra stanza, al quarto piano, è una costruzione in legno “abusiva” sopra un terrazzo. Il bagno sembra costruito da un bimbo che si è divertito a fare entrare ed uscire i tubi dai muri, facendo terminare l’acqua sul pavimento. Unico punto di forza è un balconcino privato che ci ha permesso di stendere ripetutamente il bucato che in poche ore si asciuga.
Ripresi torniamo alla Capitol Tour dove la ragazza delle prenotazioni parla un fantastico francese e ne approfitto. Verifico il tour inviatomi via e-mail dall’ufficio della Sinh Cafè per il delta nel Mekong e decidiamo di comperare direttamente i biglietti (i dettagli più avanti). Guardiamo anche i tour per i Killing Field, prezzi, disponibilità ecc e quanto offerto dall’agenzia.
Ci prenotiamo per la visita ai Killing Field per le 14:00 del giorno successivo.
Possiamo quindi rilassarci e dedicarci finalmente alla visita di questa animata città.
Nel 1440 Phnom Penh diventò la nuova capitale quando Angkor e, nonostante la posizione maggiormente difendibile venne rasa al suolo dai tailandesi e nel 1863 venne conquistata dai francesi. Nel 1975 i khmer rossi con a capo Pol Pot trasferirono con le armi tutti i cittadini nei campi di lavoro nelle campagne. . Phnom Penh si trasformò in una città fantasma. Solo con la sconfitta dei Khmer Rossi ad opera dei vietnamiti la popolazione ritornò in città senza la possibilità di rivendicare la propria casa. Ci fu la corsa all’occupazione “abusiva” degli edifici in cui si installarono il più elevato numero possibile di famiglie difendendo con la forza la nuova occupazione. Tutti quelli, invece, che non riuscirono a conquistare un’abitazione si trasferirono ai margini edificando una baraccopoli di legno e cartoni. Purtroppo furono in molti ed è ancora parzialmente visibile. Phnom Penh, quindi, che era conosciuta come la “Perla d'Asia”, durante il dominio francese oggi ci sembra ormai una città caratterizzata da una architettura definirei “casuale”. La traccia del passato è chiara e leggibile in tutta la città: gli edifici infatti sono palazzi francesi mal conservati e riadattati per un uso molto superiore di famiglie che, applicando l’idea tradizionale di casa, oltre ai piani abusivi costruiti apparentemente senza nessun tipo di consultazione ingegneristica terminano l’ultimo piano di mattoni con ulteriori costruzioni in legno sullo stile delle capanne dei villaggi di campagna. Il risultato è un’accozzaglia di edifici, colori, fili e umanità che rende difficile associarla a “Perla d’Asia”.
Le maggiori attrazioni turistiche in Phnom Penh sono il Palazzo Reale, la Pagoda d'Argento, il Museo Nazionale, la scuola - Museo Tuol Sleng S-21 del Genocidio, il Wat Phnom ed il Mercato Russo. Leggermente fuori dalla città c'è il Choeung Ek ossia i Killing Field, campi di sterminio.
? Ci facciamo portare con un tuk tuk alla Scuola - Museo Toul Sleng S-21, luogo dove transitarono migliaia di vittime del “Angkor” come si chiamava il partito. La visita, in teoria molto veloce, si rivela talmente emozionante che siamo rimasti nelle varie aule per diverse ore. (fee 2,00 $).
Il regime comunista di Pol Pot fu una delle più spietate dittature della storia mondiale. Migliaia di persone semplicemente perché istruiti vennero uccisi. Le mine che Pol Pot lodava come "soldati perfetti", erano ampiamente distribuite in tutto il territorio e ancora oggi nelle zone non turistiche sono causa di sofferenza. Il numero di vittime causate dalla follia ideologica comunista di Pol Pot è conteso dal mondo politico ed è stimato da 1,8 a 3 milioni di vittime tra il 1975 e il 1979. All’interno della prigione sono visibili ancora le tracce delle torture, letti con catene e macchie di sangue sui muri a testimonianza delle atrocità. In altre aule sono state esposte in bacheche le fotografie scattate dai carcerieri che, catalogavano e fotografavano tutti i prigionieri che di lì a poco, sarebbero stati torturati ed uccisi barbaramente. Nell’ultima sala sono visibili alcuni strumenti e i disegni effettuati da uno dei sopravvissuti (mi sembra 5) come spiegazione delle atrocità perpetrate durante il Regime.
E’ difficile non commuoversi vedendo le foto di visini di bimbi picchiati e pensando a quello che da lì a poco gli sarà capitato.
? Con il cuore pesante usciamo dalla prigione e decidiamo di fare una passeggiata fino al MERCATO RUSSO, anche per immergerci con più gradualità nella confusione. Purtroppo arriviamo che è quasi chiuso, peccato ma ci rifaremo il giorno successivo. Questo è un ottimo luogo dove effettuare acquisti.
Lore, che non ama il mercato come concetto, propone di proseguire verso l’hotel a piedi, inizialmente accetto perché è un’ottima occasione per attraversare e vedere la città. Sono le 18:00 circa e il sole inizia ad abbassarsi. Vediamo vecchie ville francesi, nuovi palazzi modernissimi e, appoggiati ad un canale gli edifici delle lavanderie dove vivono tante persone (una via di mezzo tra un accampamento di baracche e un’immensa fabbrica).
Arrancando verso “casa” siamo incappati in un mercato all’aperto dove abbiamo cenato con ravioli al vapore e frutta fresca.
Dopo più di 10 chilometri in un’unica vasca e dopo esserci docciati siamo andati sul terrazzo dell’hotel e, con i geghini appena nati sulle pareti, il caos sotto di noi ed un cielo stellato che pareva di toccarlo ci siamo scambiati le impressioni della giornata.
VISITA AI MONUMENTI E UN MINUTO DI SILENZIO
mercoledì 7 febbraio 2007
La giornata prevede la visita di tutti i monumenti principali, e, nel pomeriggio, la visita ai killing field.
Il sole splende, l’aria è tersa e noi siamo riposati: tutte le condizione per un’ottima visita. Usciamo di buon ora per andare a vedere il • LUNGO FIUME e, un ponte, storicamente importante ma, oltre la scarpinata nulla di che. Non ci sono ponti importanti a Phnom Pehn, se leggete diversamente è perché mentono! Il ponte è un semplice “ponte automobilistico” nulla di che. E’ però stati interessante percorrere il lungo fiume dove abbiamo visto l’inizio di giornata dei pescherecci e dei commercianti fluviali.
La seconda tappa è dedicata al • MUSEO NAZIONALE (3,00 USD ) ospitato in un bel palazzo dipinto di color mattone, con un giardino interno che è incredibilmente rilassante. E’ incredibile come il caos del traffico riesca a rimanere lontano, sembra, infatti, di entrare in un luogo al di fuori della città dove regna silenzio, pulizia e l’aria è profumata di gelsomino, di loto e d’incenso. Le teche, alcune interessanti altre un po’ troppo ripetitive, non sono l’unico motivo per visitare questo piccolo paradiso.
Ristorati riusciamo, sempre a piedi, viste le ridotte distanze e dopo qualche centinaio di << hallo, motor bike?>> e altrettanti <> arriviamo all’ingresso del • PALAZZO REALE.
L’ingresso è maestoso: la lunga cancellata nasconde un luogo scolpito con precisione dove neppure un filo d’erba è fuori posto. L’impatto è fortissimo, la città con la sua umanità stride con la perfezione e l’artificio di questo luogo regale. Il sole picchia sempre più forte ma per poter entrare è necessario indossare abbigliamento adeguato e sono estremamente rigidi per cui, sopra la mia magliettina adeguata ai 30 gradi l’ho dovuta ricoprire con un’altra a maniche lunghe, senza poter indossare semplicemente il batik sulle spalle. Appena varcati i cancelli si paga il biglietto. Mentre prima l’ingresso al palazzo era gratuito e si pagava solo per la pagoda d’argento, adesso il biglietto è unico. (3,00 USD).
Il Palazzo è esattamente come deve essere, nel cielo blu cobalto i tetti giallo oro sembrano disegnati con tutti i diversi livelli e decori. Il prato, perfettamente tagliato con le piante scolpite danno l’impressione di immobilità, sembra di trovarsi in un bellissimo plastico. Solo la visita degli interni rende reali questi edifici intervallati dal verde. Si visita la sala del trono, il piccolo museo reale, la biblioteca fino alla famosa • PAGODA D’ARGENTO. In realtà l’argento del pavimento è stato ricoperto dai tappeti per proteggerlo, interessante è, invece, il contesto e i vari oggetti che sono custoditi all’interno.
E’ ormai mezzogiorno e, finita la visita ci dirigiamo alla Capitol Tour. La temperatura percepita è veramente alta e si boccheggia, fortuna che alla Capitol ci sono i ventilatori che sprizzano acqua fresca… paghiamo il tour che sarebbe partito da lì a poco e ne approfittiamo per pranzare. Dopo aver parlato con un canadese, sposato con una giapponese, che vive ormai in giro per il mondo, arriva l’ora della partenza.
Ci affidiamo, su di un mini bus all’autista, che sa in fatto suo, ed alla gentile ragazza che sarà la nostra guida. Il gruppo è piccolo e, dopo aver superato strade inagibili, letti di fiumi e strade in fase di rifacimento arriviamo al parcheggio del sito. Un consiglio: non andateci in tuk tuk perché la strada è veramente disagevole e lunga.
L’entrata al sito si paga a parte (2,00 USD). Si impatta subito con il monumento eretto per commemorare tutti i caduti ancora seppelliti nei campi di sterminio. E’ veramente toccante la visita e, nonostante nei campi non si veda nulla, quello che si immagina è talmente forte da commuovere. Le atrocità compiute troppo efferate per essere comprese. La razio rifiuterebbe tale pensiero… con gli occhi lucidi si arriva fino alla fine della visita. La guida, una ragazza credo sui 30anni dai lineamenti e modi gentili ha la voce tremante per l’emozione e a stento non piange.
E’ una visita che consiglio per il grande impatto umano ed emotivo e per non dimenticare mai quanto l’essere umano possa degenerare in una violenza inesistente nel mondo animale.
Sconsiglio, invece, la visita alle famiglie con bambini, troppo forte e difficile da spiegare.
Il rientro è silenzioso. Ripenso all’incenso acceso per le migliaia di persone sepolte dopo atroci violenze che ho calpestato. Ripenso al racconto della piccola Peuw… (vedi recensione http://www.ciao.it/Il_racconto_di_Peuw_bambina_cambogiana_Szymusiak__Opinione_755250 )
Rientriamo per le 16:30 circa in agenzia e, vista l’esperienza del giorno precedente decidiamo di prendere un tuk tuk per arrivare in tempo al mercato. Contrattiamo in modo che ci accompagni, ci aspetti, e ci riporti fino all’hotel.
Il mercato è molto interessante e comperiamo magliette, cravatte di seta, francobolli ecc. E’ coperto e simmetrico: riuscire a riconoscere, nella confusione il punto di ritrovo non è semplice!
La sera, con la testa ed il cuore troppo pieni per l’intensa giornata ceniamo nel buon ristorante accanto all’hotel.
IL CONFINE
giovedì 8 febbraio 2007
Ci alziamo con calma e, dopo aver chiuso gli zaini ed essere “rotolata” giù con loro dal quarto piano attendiamo, come concordato con l’agenzia Capitol Tour, il mini bus che ci porterà al confine con il Vietnam.
Tra tutte le opzioni abbiamo scelto di attraversare il confine via fiume, un po’ per romanticismo un po’ per il fascino dell’avventura, un po’ perché praticamente più logico. Infatti, è un sacrilegio non vedere il delta del mekong e arrivare fino Saigon per poi tornare indietro avrebbe voluto dire uno spreco di giorni, unica risorsa veramente scarsa per noi.
Il tour prenotato via e-mail da casa, perfettamente inutile visto che si sceglie direttamente in agenzia, ho il costo di 35 Usd a testa e comprende per un viaggio di 3 giorni, guida, fee, bus, barca, due notti in hotel in camera doppia con aria condizionata e colazione.
Il prezzo è buono e il programma, già confrontato da casa con quanto offerto da altri tour è interessante.
In pratica sono tutti molto simili e, purtroppo, non conta più di tanto quanto viene scritto sul programma perché le visite subiscono inevitabilmente delle modifiche di percorso come impareremo presto, in tutti i tour acquistati.
Il tour è così riassunto:
? Giorno 1: da Phnom Penh - Chau Doc
Pick up con il mini bus direttamente in hotel e trasferimento (a Neak Luong) in barca fino al confine vietnamita. Sosta per procedure doganali e pranzo, cambio di barca, arrivo a Chau Doc, check in presso l’hotel.
? Giorno 2: da Chau Doc a Can Tho (VIETNAM)
Pick up in hotel e trasferimento in barca per l’escursione in piroga attorno alle case galleggianti con visita ad un villaggio Cham, ad una moschea, all’allevamento di pesci ecc.
Ritorno al molo e, in bus avremmo dovuto salire il monte Sam (dall’alto del quale si vede fino al confine cambogiano), saltato per “motivi militari” , visita ai templi di Lady Chua Xu e ad un altro in sostituzione del monte Sam. Visita a negozi di incenso e allevamento di coccodrilli. Check-in in hotel Can Tho.
? Giorno 3: da Can Tho a Saigon (VIETNAM)
Pick up in hotel e trasferimento al molo dove, con barche si visit ail mercato galleggiante. Visita ad una “fabbrica” dove viene lavorato il riso, ad una coltivazione di frutta con assaggi (non illudetevi niente papaia e mango). Rientro al molo e, in bus si prosegue verso Saigon con stop al mercato coperto di Vinh Longe e, in teoria sosta ai giardini di bonsai di My Tho (non fatta).
La descrizione del viaggio prosegue, quindi, nel racconto di viaggio del VIETNAM