Passaggio in India

località: delhi, mandawa, deshnok, bikaner, ramdeora, jaisalmer, osian, jodhpur, jaipur, agra, sarnath, varanasi
regione: rajasthan, uthar pradesh
stato: india (in)

Data inizio viaggio: sabato 22 febbraio 1992
Data fine viaggio: martedì 3 marzo 1992

Arrivato in India con volo Qatar Airways Roma-Doha-Delhi. Per giungere qui l'aereo ha volato sul Pakistan. Viaggio effettuato con un amico. Prenotato il Tour con un Agenzia di Jaipur che ci ha messo a disposizione una vettura con autista per gran parte del viaggio. Il viaggio in India è la parte più consistente di un itinerario che comprendeva anche la Valle di Kathmandu in Nepal. Purtroppo questo Viaggio è stato caratterizzato dal mio stato influenzale con febbre alta.

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Arrivo a Delhi e Mandawa

sabato 22 febbraio 1992

Arrivati all'Aeroporto di Delhi alle 3 di notte già provvisti del visto ottenuto all'Ambasciata indiana di Roma non senza difficoltà, dopo aver preso possesso dei nostri bagagli ci recavamo all'uscita dove numerosi autisti aspettavano i loro clienti con cartelli in mano dove avevano scritto i nomi dei turisti. Ed è così che vedo il cartello con il mio nome ed individuo l'autista, un distinto signore con un bel paio di baffi arricciolati alla Cecco Beppe. L'aria è primaverile nonostante siamo in piena notte, raggiungiamo la nostra vettura al parcheggio ed iniziamo il tour. Approfittiamo della notte per lasciare l'agglomerato urbano della capitale. Nonostante l'ora il traffico è intenso e posso solo immaginare cosa sarebbe stato in pieno giorno. Questo è il primo contatto con la viabilità indiana, difficilmente comprensibile per i nostri canoni. In pratica sembra che non esista un codice della strada e che l'anarchia sia la regola, vige la legge del più forte o se si vuole di chi si fà sentire di più con il clacson. E' tutto uno strombazzamento, un ingorgo continuo con i fruitori della strada che si sfiorano pericolosamente. La carreggiata non in buone condizioni, la presenza di mucche ed altri animali sulla carreggiata e la varietà del traffico costituito da macchine, tuk tuk (sono motocarri per lo più Piaggio adibiti a taxi), carri trainati da cammelli, moto stracariche di merci e persone e camion carichi all'inverosimile completano il quadro. Dopo un primo traumatico approccio preferiamo entrambi occupare i sedili posteriori perchè a stare davanti si rischia un infarto visto che i mezzi si puntano uno di fronte all'altro e solo in extremis ognuno devia sul suo lato di carreggiata. In ogni caso verso le 9 siamo nel nostro alloggio, il Desert Resort di Mandawa, una sistemazione stile caravanserraglio ma decisamente dignitosa. La camera è ampia e fresca, chiusa da un grosso portone di legno serrato da un chiavaccio fermato da un enorme lucchetto. Sono febbricitante, nonostante il caldo ho i brividi di freddo e ho gli occhi annebbiati. Dopo un breve riposo andiamo a pranzo in un ristorantino davvero spartano con le mura a calce. Non sapendo leggere il menù scegliamo a caso e ci portano della carne insipida ma comunque mangiabile. Facciamo poi con un giovane del posto un giro tra le strade di Mandawa, una cittadina di 20000 abitanti ricca di Haveli, le case signorili di un tempo, che non essendo state riconosciute come in altre località patrimonio dell'umanità dall'Unesco giacciono in stato di semi abbandono. Anche quelle ancora abitate presentano un deciso stato di incuria. Le strade sono polverose e sporche, i negozi fatiscenti.anche perchè non credo che qui vengano molti turisti. Gli affreschi delle facciate molto deteriorati, sbiaditi dal tempo e dall'incuria lasciano intravvedere il glorioso passato di queste dimore. La strada principale presenta un arco di ingresso alla cittadina. Dopo aver cambiato l'equivalente di 300 Euro in Rupie torniamo al Resort per riposare, poi a sera andiamo a cena nello stesso locale del pranzo. Visto che pur non avendo un buon gusto eravamo riusciti a mangiarla riordiniamo la stessa carne. Rientrati al Resort ci corichiamo per la notte. Alla stanchezza del volo aereo, allo scombussolamento per il cambio di fuso orario, aggiungo la debolezza per la febbre che sento così alta da avere freddo anche sotto le abbondanti coperte.

Deshnok e Bikaner

domenica 23 febbraio 1992

Ho passato la notte a rigirarmi nel letto con un febbrone da cavallo che non posso accertare per l'assenza di un termometro. Per fortuna ho con me della Tachipirina che ingerisco nella speranza di tamponare il problema. Debolissimo mi sforzo di alzarmi e andare nel ristorante del Resort per la colazione a buffet. E' la nostra prima colazione ma già intuisco che come è accaduto ieri perr pranzo e cena sarà molto difficile per me mangiare qualcosa di gradevole. Il buffet è sufficientemente fornito ma le pietanze salate sono troppo speziate, mi rifugio su un omelette che mi cuociono istantaneo. Mi rendo conto che con i miei problemi di salute non ho goduto nulla di questo Resort che pure è molto particolare, il bungalow di terra essiccata dove abbiamo dormito presentava delle belle decorazioni geometriche, la porta d'ingresso del complesso era sorvegliata da personale vestito con abiti tradizionali che ci ha accolto colorandoci il terzo occhio tipico degli hindu sulla fronte. Lasciamo Mandawa e con un lungo trasferimento di quasi sei ore andiamo a Bikaner. I km da percorrere non giustificherebbero tutto questo tempo ma siamo in India dove percorriamo strade statali trafficatissime e viaggiare per sei ore al giorno sarà quasi una costante del tour. L'autista che ha un nome impronunciabile e che abbiamo ribattezzato Omar per la sua lieve somiglianza con l'attore Omar Sharif, è già ad aspettarci all'uscita del Resort dove distribuisco la mancia al tipo che indossa il turbante e un bel paio di baffoni incorniciati da un volto cotto dal sole che ieri mi ha lavato e stirato i vestiti che avevo messo ad asciugare in giardino. Durante il trasferimento sostiamo un paio di volte in locali dove è possibile fare i nostri bisogni e sorseggiare una tazza di te caldo. Visto gli ambienti non proprio puliti preferisco non mangiare i loro intrugli speziati ma dovendo prendere delle medicine a stomaco pieno mi faccio portare dei nan appena cotti, una piadina insapore ma nutriente. Poco prima di arrivare a Bikaner deviamo per Deshnok, località celebre per il così detto Tempio dei Topi. Gli Hindu è risaputo che credono nelle reincarnazioni e adorano alcuni animali come divinità, qui si venerano i topi in quanto si crede siano la reincarnazione dei moribondi sfuggiti alla collera del dio della morte. Centinaia di ratti si aggirano indisturbati tra i marmi del Tempio, i fedeli versano loro il latte nelle ciotole. Questi ratti sono talmente abituati al contatto amorevole con la gente che non fuggono di fronte alla presenza umana. Del resto i topi sono considerati in India animali domestici nonchè il mezzo di trasporto del dio Ganesh, uno dei più amati e raffigurati in quanto protettore della casa. Dopo questa breve sosta raggiungiamo la vicina Bikaner, una delle più grandi città del Rajasthan. Prendiamo alloggio nel lussuoso Lallgarh Palace, un palazzo di un maraja trasformato in Hotel come avviene sovente da queste parti. Quando l'India dopo l'indipendenza ha abolito i titoli nobiliari ha lasciato ai maraja i loro ingenti averi. Incapaci di mantenere i loro beni essendo venuta meno la tassazione dei sudditi si sono visti costretti a inventarsi imprenditori trasformando le loro lussuose residenze in hotel o musei. La stanza di cui prendiamo possesso è grande come un appartamento: camera, salottino, disimpegno e bagno. Visitiamo il Forte Jungarh, possente all'esterno, delicato all'interno dove presenta candidi cortili e pareti di pietra finemente perforata. La tecnica della perforazione delle pareti aveva un duplice significato: la circolazione dell'aria nelle stanze e la possibilità di vedere l'esterno senza essere visti. Quest'ultima possibilità era ad appannaggio soprattutto delle donne per cui la parete traforata era come un grande velo dietro il quale si nascondevano. Gli interni conservano ancora alcune stanze arredate come la sala del trono e la camera del Maraja. Nel seminterrato c'è un esposizione museale con armi, monili, selle per elefanti e addirittura un vecchio aereo. Dopo questa piacevole visita scendiamo dal Forte attraverso uno scalone che ci porta fino al cortile trasformato in parcheggio per le auto turistiche come la nostra e a sua volta protetto da cinta muraria. Usciti dalle mura parcheggiamo nelle vicinanze e proseguiamo con un tuk tuk tra l'intricato traffico del centro di Bikaner. Si cammina a passo d'uomo tra mezzi e animali sfiorando i veicoli che giungono in senso inverso. Sulle strette strade si affacciano spartani negozi di ogni genere che tentiamo di scrutare all'interno. Come sulla strada regna disordine e sporcizia, i commercianti non sembrano molto interessati a porre in ordine, per lo più oziano seduti sulle loro mercanzie ammassate una sull'altra, qualcuno è intento ad estraniarsi dal mondo con esercizi di meditazione e yoga. I profumi forti delle spezie si mischiano a quelli dei tubi di scarico dei mezzi e agli escrementi delle vacche sacre che tranquillamente circolano sulla strada incuranti del traffico. Vediamo qualche antica Haveli dalle facciate decorate ma rifiutiamo il te che ci viene offerto da una bancarella davvero poco invitante. Visitiamo pure un Tempio Giainista salendo fin sul tetto dove si gode di una bella panoramica sulla città. Il tuk tuk ci riporta al parcheggio dove ripresa l'autovettura il nostro autista ci accompagna in hotel. La sera Omar ci porta in un ristorante dove riesco a mangiare ben poco in quanto piccantissimo. Va meglio al mio amico perchè rientrati in Hotel vediamo che c'è una grande festa in giardino dove offrono cibo a buffet e lui si ingurgita una pizzetta. Io mi limito ad osservare l'allestimento e lo spettacolo musicale proposto su un grosso palco. Alla manifestazione sono presenti solo indiani che indossano l'abito della festa che qui non è giacca e cravatta o un capo femminile alla moda ma un sari. Le donne mostrano i loro abbondanti gioielli e hanno un velo in testa. Si giunge qui attraversando un arcata dove un paio di ragazze in sari ci lanciano dei petali di fiore. E' un segno di ospitalità, anche questo pomeriggio arrivati alla reception dell'hotel ci hanno infilato una corona di fiori e offerto un succo di frutta che non ho bevuto. La brezza serale non mi ha senz'altro fatto bene e la sera la febbre tende ad aumentare e così eccomi a letto con brividi di freddo. Nel centro di Bikaner ho acquistato un termometro a mercurio che attesta una temperatura di 38 gradi, riprendo una pasticca di tachipirina e dormo.

Ramdeora e Jaisalmer

lunedì 24 febbraio 1992

Anche stanotte mi sono rigirato a lungo nel letto a causa della febbre, Stamani il termometro segna 37,5, la Tachipirina sta facendo effetto. Facciamo colazione nel Ristorante dell'Hotel in una sala sontuosa dove è esposto un ricco buffet di cibo pesantemente speziato che evito accuratamente rifugiandomi sulla solita omelette con un pò di pane abbrustolito e un uovo sodo. Iniziamo poi l'ennesimo lungo trasferimento questa volta verso Jaisalmer. Facciamo qualche sosta: la prima in un oasi faunistica assolutamente trascurabile, in pratica uno stagno su cui si trovano due gru. Poi ci fermiamo in un locale sulla strada dove l'autista pranza e noi beviamo un te e mangiamo un nan. Quindi facciamo sosta a Ramdeora, un luogo di pellegrinaggio dove l'autista ci fa acquistare delle caramelle in uno dei numerosi banchetti di dolciumi poi, dopo esserci lavati le mani a una fontanella e tolte le scarpe, entriamo in un tempio hindu, consegnamo le leccornie a un ministro di culto che le mette in una grossa ciotola insieme ad altre, le mischia e ce ne rende una parte. Per noi tutto questo è incomprensibile come molte cose che accadono in India ma pare che il luogo dove ci troviamo sia così importante per gli hindu ci vengono a piedi da molto lontano in pellegrinaggio. Giungiamo poi a Jaisalmer dove Omar, nostro malgrado, ci porta da una massaggiatrice ayurvedica. La febbre che sento copiosa mi impedisce di effettuare la seduta, cosa che fa invece regolarmente il mio compagno di viaggio. Mentre lo attendo in sala di aspetto mi viene offerto il consueto te. Nell'attesa mi provo anche la febbre suscitando la curiosità di Omar e della coppia che gestisce il Centro Massaggi, sembra che non abbiano mai visto un termometro e a turno insistono per misurarsi la temperatura. Quando esce dalla sala massaggi il mio amico dice di essersi rigenerato, a me pare solo unto, pronto per essere fritto in padella. Il nostro autista ci porta finalmente in hotel, un altro Palazzo signorile trasformato in Resort di lusso il cui proprietario è il Maraja di Udaipur, uno degli uomini più ricchi dell'India, a capo di una catena di alberghi. La camera è molto bella, c'è una grossa televisione al plasma che tra i numerosi canali ha anche quello di proprietà del maraja suddetto, una tv monotematica che parla solo di lui e della sua famiglia. L'hotel è molto bello, ha una piscina, una grande hall, una sala computer dove si naviga gratuitamente. Nel tardo pomeriggio usciamo per andare su una collina a vedere il tramonto su Jaisalmer. La città è posta su un colle fortificato, interamente circondata da mura e torrioni, tutto intorno un deserto stepposo. Quando il sole tramonta l'intera città assume una colorazione dorata. Al calar della sera ci trasferiamo in un ristorantino pieno di mosche dove cerchiamo di mangiare qualcosa, ben poco a dire il vero visto i soliti condimenti a base di masala, la miscela di spezie locale. Rientriamo in Hotel dove, dopo aver visto uno spettacolino di musica e danza, navighiamo fino a tardi su internet. Ci ritiriamo poi per coricarci.

Jaisalmer e Khuri

martedì 25 febbraio 1992

Questa mattina solita colazione a Buffet nell'Hotel e trasferimento al Forte di Jaisalmer. Il driver che è venuto a prenderci con una guida, ci lascia di fronte alla Porta che fa breccia tra le possenti mura. La guida è un giovane bramino, risulterà il migliore del viaggio in quanto a preparazione culturale, conoscenza dell'italiano e passione nel raccontarci la sua città e gli aspetti religiosi dell'India. Per prima cosa vediamo dall'esterno il Palazzo del Maraja con la vicina piattaforma dotata di trono in pietra utilizzata per le pubbliche udienze. Andiamo poi all'interno di due Templi Giainisti, dagli interni finemente decorati. Gli adepti di questa religione sono vegetariani, alcuni arrivano a mettersi un velo di fronte alla bocca per evitare di ingerire accidentalmente insetti e microbatteri. Belle le sculture che ricoprono le pareti, i luoghi di culto appaiono fastosi, in contrasto con la vita dei giainisti che dopo una vita di ricchezza (sono ottimi commercianti) chiudono la loro esistenza spogliandosi degli averi. Il Giainismo come il Buddismo è una delle tante fedi nate dall'Hinduismo che rappresenta la religione maggioritaria in India. Non manchiamo di visitare un Tempietto Hindu tra i tanti disseminati lungo le strette stradine dall'andamento irregolare, a volte collocati nei luoghi più strani. E' in corso una cerimonia che dura una decina di minuti con un bramino che compie gesti rituali con un lume e i fedeli raccolti intorno a lui che cantano. C'è un tamburo che la nostra guida che appartiene alla casta dei bramini si mette a percuotere accompagnando il canto. Facciamo sosta in un Bar la cui terrazza consente un ottima vista delle mura e dove sorseggiamo un te mentre la guida ci spiega il complicato sistema delle caste. In pratica si appartiene ad una casta per nascita, ci si può arricchire o fare carriera politica ma questo non comporta il passaggio ad una casta migliore tanto che uno degli ultimi Presidenti indiani era un intoccabile, la classe più infima. Ci si sposa all'interno della stessa casta e i matrimoni sono rigorosamente imposti dalle famiglie, sentito il parere degli astrologi. Il marito non può parlare con la moglie di fronte alla proria mamma e nonna. Inoltre i coniugi non possono uscire pubblicamente insieme e anche se casualmente si incontrano in luoghi pubblici evitano di parlarsi. Gli Hindu hanno codici comportamentali veramente difficili da comprendere e loro stessi definiscono questa religione una filosofia di vita. Scendiamo a valle, fuori dalle mura, dove la città dal '700 si è allargata. Anche qui come sulla collina ci sono belle Haveli dalle facciate finemente decorate. In una di queste in stato di semi abbandono numerosi pipistrelli sono ospiti del soffitto a cassettoni. Come avviene per ogni tour guidato immancabile la visita a un negozio, non c'è l'obbligo all'acquisto ma trovandoci a disagio siamo sempre costretti a comprare qualcosa di cui avremmo fatto volentieri a meno. Qui in particolare vorrebbero farci comprare le pashmine, sciarpe realizzate con la lana di capra himalayana più delicata, quella che sta nel sottovello della parte del collo. Il mio compagno di viaggio finisce per comprare una tovaglia e un sari. Soddisfatti della visita raggiungiamo la nostra vettura e torniamo in Hotel salutando l'ottima guida. Poco dopo ripartiamo alla volta del villaggio di Khuri in pieno deserto del Thar. E' bene dire che il Thar non ha niente a che fare con quello che è un deserto nell'immaginario collettivo. Il Thar è prevalentemente pietroso e polveroso con qualche sporadico cespuglio, ricorda una savana spelacchiata o un radissimo bush più che il Sahara. Nei pressi di Khuri hanno un paio di dune di sabbia che sfruttano al meglio con tour organizzati con dromedario. Io e l'amico saliamo su due differenti animali accompagnati dalle relative guide. A metà percorso il dromedario su cui è in groppa il mio compagno si imbizzarrisce, probabilmente malato esterna dalla bocca copiosa densa saliva. Il mio amico scende ma l'animale comincia a dare segni di insofferenza tanto che con difficoltà riescono a legarlo a un arbusto. Le guide ci intimano di fuggire e fuggono a loro volta tra le dune, scappiamo anche noi a passo meno spedito, la febbre mi inpedisce di correre. Per fortuna non siamo nel Sahara e dopo aver scavalcano qualche duna ci ritroviamo in alto insieme a numerosi turisti che aspettano il tramonto con i loro dromedari. Anche noi aspettiamo il calar del sole, sono sudato per la corsa e tira vento, questo mi preoccupa visto che oggi mi sembra di star meglio. Dopo il tramonto, carino ma niente di trascendentale, saliamo su due dromedari che ci hanno portato e raggiungiamo una casa del villaggio. Qui ci fanno sedere nel cortile dove ci viene servita la cena con piatti tipici del deserto, il solito schifo. Il convivio è allietato da musica e danze. Come a Jaisalmer c'è una giovane che danza intorno ad un fuoco tenendo in equilibrio dei recipienti sulla testa, poi si mette a calpestare dei vetri dimostrando di essere una ballerina-fachira. Non siamo gli unici turisti, c'è un gruppo di francesi di mezza età che ci invitano a ballare intorno al fuoco. Mi diverto di più a giocare con una bambina, figlia della ballerina. Continuano ad accompagnarci le note della piccola ensamble musicale fatta di tamburi e di uno strano strumento a metà tra una fisarmonica e una tastiera. Rientriamo all'Hotel di Jaisalmer dove dopo aver navigato un po al computer ci spostiamo in camera per il pernotto.

Osian e Jodhpur

mercoledì 26 febbraio 1992

Pensavo di essermi lasciato la febbre alle spalle ma la sudata di ieri seguita dal vento del Deserto mi ha riportato la temperatura corporea oltre 38 gradi. Dopo colazione in Hotel proseguiamo il tour alla volta di Jodhpur. Durante il trasferimento ci fermiamo per un te nel solito locale dove eravamo stati due giorni prima venendo da Bikaner, poi a Osian per vedere il Sachiya Mata Temple che per le sue torrette piramidali e per i numerosi bassorilievi ricorda vagamente il più celebre Khajurao. Quando scendo ad Osyan mi sento addosso un febbrone da cavallo, ho la vista annebbiata e ho l'affanno. In questa situazione mi tocca affrontare un irta e lunga scalinata che conduce su al Tempio. Sono talmente ridotto male che devo frequentemente fermarmi per riposare. Sulla scalinata è tutto un via vai di gente che scende e sale, le donne indossano rigorosamente il sari con il velo. A causa della mia condizione non riesco ad apprezzare il Tempio ed evito anche di visitarne un secondo. Tra l'altro mi sono dovuto togliere le scarpe e pur avendo i calzini sento freddo ai piedi. Recuperiamo vettura e autista al parcheggio dove ci attorniano decine di mendicanti che dribbliamo. Spesso a chiedere l'elemosina sono i bambini ma bisogna desistere perchè altrimenti li incoraggiamo a far questo anzichè andare a scuola. Non è un caso che nel Rajasthan ci sia una delle più alte percentuali di analfabetismo dell'India. Nel primo pomeriggio siamo a Jodhpur per visitare l'imponente Forte Meharangarh che dall'alto di un colle domina la città. Così per come è collocato e costruito il Forte era certamente inattaccabile, vi si accede con un irta salita attraversando un maestoso arco e una monumentale porta sui cui lati ci sono le impronte delle mani delle mogli del Maraja immolatesi sulla pira funebre del marito come era uso fare all'epoca. Tra l'altro il Sati, così si chiama questo suicidio collettivo, è stato praticato in India fino a non molto tempo fa. Le architetture dei Palazzi sono un cocktail di stili che vanno dal francese al moghul, al british. Nelle decorazioni si và dagli stucchi alle finestre tipo Louvre, alle pareti finemente decorate dei Moghul alle palle di natale britanniche appese al soffitto ai vetri italiani. Vi sono cortili che si aprono tra un'ala e l'altra del Forte, alcuni utilizzati per la vita di corte, altri ad uso esclusivo delle donne, altri ancora dedicati alle udienze pubbliche del Maraja. Sui bastioni che danno sulla città sono posti cannoni mentre dalle terrazze degli appartamenti si gode di belle panoramiche su Jodhpur: da un lato il quartiere con le case intonacate di azzurro che gli hanno valso l'appellativo di Città blu, sull'altro lato il mercato con la Torre dell'orologio, da un'altro lato il Nuovo Palazzo del Maraja adibito in parte ad Hotel di lusso. Tra gli interni di particolare interesse l'armeria con piche, elmetti, baionette ma anche armi da fuoco e la sala del trono finemente decorata. Durante la visita telefono ad un amico medico per farmi consigliare una cura in attesa del rientro in Italia. Scesi dal Forte vediamo dall'esterno il Mausoleo di Jaswant Thada preceduto da un laghetto. Avremmo dovuto visitarlo all'interno ma si è fatto tardi ed è gia chiuso. Da qui raggiungiamo l'area mercato nei pressi della Torre dell'Orologio perchè l'autista vuole farci entrare in un negozio di spezie. Nonostante che le spezie così forti siano la causa della mia inappetenza siamo praticamente costretti a questa forzosa visita da cui ne usciamo acquistando del te (per fortuna hanno anche quello). Tentiamo anche di passeggiare al mercato ma il traffico di tuk tuk, motorette e vetture ci fa desistere. Raggiungiamo l'Hotel Ranbanka, un'altro nobile Palazzo convertito al turismo dove decido di coricarmi mentre il mio amico va in un ristorante poco lontano per la cena. L'autista mi porta in Hotel dei nan caldi con cui prenderò le medicine prescrittemi per telefono dall'amico medico: dell'antibiotico che avevo con me dall'Italia. Prima che mi addormenti il mio compagno di viaggio rientra in camera.

Jaipur

giovedì 27 febbraio 1992

Ieri sera siamo arrivati in Hotel che era buio e io ho preferito ritirarmi in camera imbottito di febbre e antibiotici, questo non mi ha permesso di vederne gli esterni. Dovendo raggiungere una Dipendence per fare colazione attraversiamo il bel giardino fiorito su cui campeggia una piscina. Dopo aver mangiato qualcosa riprendiamo il nostro tour alla volta di Jaipur dove arriviamo con le ormai canoniche 6 ore circa di strada. Se dotassero l'India di autostrade come le nostre questi trasferimenti richiederebbero un paio d'ore. Effettuiamo la consueta pausa te, poi giunti alla periferia di Jaipur sostiamo da un gommaio per verificare i pneumatici dell'automobile. Ho visto decine di gommai lungo le strade anche perchè con il manto d'asfalto indiano pieno di buche ed insidie è abbastanza facile forare. In genere si riparano le gomme in sgabuzzini fatiscenti immersi dalla polvere, qui invece dove Omar ci ha portato è un luogo elegante e pulito, meglio di molti nostri gommai. Ci offrono anche un te che sorseggiamo comodamente seduti su un sofà mentre la nostra vettura effettua il check-in. Si riparte per raggiungere il Royal Orchid, un hotel ricavato in un alto palazzo e non il solito Palazzo del Maraja trasformato. La sistemazione è comunque carina, c'è internet a pagamento nei pressi della reception, la camera è confortevole. Ieri nella telefonata fatta all'amico medico mi è stato detto di riposarmi per un intera giornata e così oggi ne approfitto per oziare nel letto tra televisione e lettura. Del resto non sono previste visite perchè il driver abita in questa città ed è il suo giorno libero da trascorrere in famiglia. La sera, sprovvisti di macchina e voglia, ceniamo nell'elegante ristorante dell'hotel con spaghetti e pizza conditi ahimè con il ketchap al posto del ragù. Un vecchio in abiti tradizionali ci invita sulla terrazza all'ultimo piano dove come unici spettatori ci mostra un breve spettacolo di marionette. Ringraziamo acquistandone un paio. Ci ritiriamo quindi a dormire dopo una giornata abbastanza rilassante di cui la mia salute cagionevole spero abbia beneficiato.

Amber e Jaipur

venerdì 28 febbraio 1992

Stamani, dopo colazione, il nostro autista viene a prenderci con una guida di cui avremmo potuto anche fare a meno. Facciamo una breve sosta sulla strada principale del centro storico per scattare una foto al celebre Palazzo dei Venti, il simbolo di Jaipur. Come la stragrande maggioranza degli immobili della città è di color rosa. Il Palazzo presenta una facciata particolare composta da lineamenti ondeggianti su cui si aprono numerose finestre chiuse da grate di pietra finemente scolpite che permettevano alle nobili donne di vedere l'esterno senza essere viste. Nei pressi del Palazzo facciamo un piccolo incidente stradale, probabilmente per colpa del nostro driver, che struscia la parte frontale su un altro mezzo. Inspiegabilmente nessuno si ferma o protesta e ognuno si tiene i suoi danni. Il driver è invece preoccupato del fatto che il Tour Operatore a cui il mezzo appartiene lo venga a sapere e tramite la guida ci chiede di non dirglielo. Raggiungiamo il Forte di Amber, un tempo capitale del Rajasthan, ubicato su un colle. Il Forte è protetto da un tratto di mura che segue i lineamenti delle colline circostanti e che ricorda vagamente la Grande Muraglia Cinese. Inoltre su una montagna che sovrasta il Forte vero e proprio è ubicata un'altra Fortezza: A giudicare da come è messo il Forte di Amber sembrerebbe inespugnabile ma il Maraja locale preferì abbandonarlo a inizio '700 per edificare Jaipur. Dopo una lunga coda ci assegnano un elefante il cui volto è pitturato con disegni simbolici, saliamo grazie ad una piattaforma sul baldacchino posto sulla schiena del pachiderma, scomodo a dire il vero. L'irta strada su cui veniamo trasportati con vari sbalzi è percorsa da numerosi elefanti carichi di turisti. Attraversiamo il portale di ingresso al Forte entrando nella piazza d'Armi dove scendiamo dall'animale. Con la guida visitiamo alcune aree della Fortezza tra cui ambienti finemente decorati con intarsi, stucchi e specchi. Tornati alla macchina puntiamo su Jaipur nei pressi del quale sostiamo per vedere un Palazzo posto in mezzo a un laghetto e per visitare, nostro malgrado, una gioielleria e un negozio di tessuti. Jaipur, la capitale del Rajasthan, ci accoglie con la sua colorita confusione condita da sporcizia e disordine. E' incredibile come in India si passi in poche decine di metri dal caos totale all'ordine rigoroso, dall'estrema povertà al lusso ostentato. Visitiamo l'Osservatorio Astronomico di Jai Singh II, il Maraja a cui si deve la fondazione della città nel 1728. Gli strumenti astronomici, per lo più grosse meridiane e similari, sono distribuiti all'interno di un giardino. Entriamo poi nel vicino City Palace dove il Maraja trasferì la sua corte da Amber. Come le case di Jaipur anche questo Palazzo è dominato dalla colorazione rosa. Tra le altre cose sono da evidenziare la bella Porta del Pavone e i grossi recipienti d'argento che furono riempiti di acqua del Gange durante una trasferta diplomatica a Londra del Maraja. Anche qui la guida tenta di farci acquistare dei disegni ma desistiamo. Veniamo ricondotti in Hotel dove riposiamo fino a sera quando Omar torna a prenderci. Stranamente la vettura non presenta più alcun segno dell'incidente di questa mattina, in Italia ci sarebbe voluto molto più tempo per ripararla. Andiamo a casa del nostro Tour Operatore che è anche la sede dell'Agenzia, saldiamo il conto e ci invita a cena. Al tavolo con noi c'è una coppia di italiani di Mantova, padre e figlio, anche loro in viaggio con lo stesso Agente. La moglie del Tour Operatore avrà probabilmente dato il meglio di se in cucina ma il cibo continua ad essere abbondantemente speziato. Se nei ristoranti evitiamo di mangiare le pietanze che ci portavano sul tavolo qui per dovere di ospitalità siamo costretti a sforzarci e ingollare. Dopo cena ci facciamo portare da Omar in un Hotel alla periferia della città (ci vuole un ora e mezza tra andare e tornare) dove una coppia di turisti siciliani incontrati ad Amber mi regala qualche Tachipirina visto che le mie stanno terminando. L'Hotel è moderno e lussoso anche se presenta inserti in stile Rajput. Il nostro autista era un pò crucciato per questa trasferta imprevista perchè siamo nella sua città e avrebbe preferito trascorrere questo tempo in famiglia. Rientriamo al nostro Hotel, chattiamo un pò al computer della hall, poi ci ritiriamo in camera per il pernotto.

Fatekpur Sikri e Agra

sabato 29 febbraio 1992

Gli ultimi due giorni sono stati abbastanza rilassanti, sono convalescente per cui preferisco riposarmi in Hotel quando non sono previste visite. Oggi però c'è un ennesimo trasferimento di sei ore circa. Dopo colazione lasciamo il Rajasthan entrando in Uttar Pradesh. Il paesaggio si fa meno arido fino a diventare verdeggiante. Il clima è tipicamente tardo primaverile, simile al nostro Giugno. Prima tappa a Fatekpur Sikri, la monumentale città edificata dal Moghul Akbar per trasferirvi la corte da Agra ma abitata per soli 15 anni a causa dello scarso approvvigionamento idrico. Restano gli imponenti resti di questo inutile sforzo architettonico: Porte a pishtak, grandi piazze circondate da edifici, Palazzo Reale e Moschea. Per giungere alla città fantasma è neessario parcheggiare la vettura e fare l'ultimo tratto su un tuk tuk accompagnati da una guida che parla uno scarsissimo italiano. Sulla Piazza di Fatekpur Sikri trova posto il Mausoleo in marmo bianco di un Sufi che aveva predetto la nascita di tre figli ad Akbar, episodio che è alla base della fondazione di questa città murata. Ancora oggi le donne alla ricerca di un figlio vengono qui a pregare il Sufi. Lasciando l'antica città raggiungiamo la vettura in tuk tuk. Da Fatekpur Sikri ci trasferiamo ad Agra prendendo alloggio all'Hotel Utkarsh Vilas che nonostante sia discreto è in termini di paragone il peggiore del Tour. Andiamo poi a visitare il Forte Rosso, così chiamato per il colore delle sue mura. Purtroppo il nostro Driver ci ha preso gusto e ci procura di nuovo un inutile guida. Entriamo attraverso una porta monumentale in un ampia area che si affaccia sul Fiume Yamuna caratterizzata da Palazzi Reali e giardini ben curati. E' visitabile solo una parte perchè gran parte del Forte ospita una guarnigione militare. Qui il costruttore del Taj Mahal Shah Jahan fu rinchiuso dal figlio che lo detronizzò, Fino alla morte il vecchio Sultano fù costretto a vedere dalla sua prigionia il Mausoleo dell'amata moglie al di là delle rive del fiume. Il Forte è stato per anni la sede del Quartier Generale Britannico in città. Tornati in Hotel usciamo in serata per andare in un ristorante dove nonostante i nostri sforzi per farci comprendere ci rifilano una pietanza piccantissima che rimando indietro vedendomi riportare la stessa cosa ma sciacquata. Evito di cenare rifugiandomi nel solito nan. Tornati in Hotel facciamo un giretto nei dintorni dove si trova un McDonald che se lo avessi visto prima lo avrei preferito al suddetto ristorante poi ci ritiriamo in camera. Domani mattina dobbiamo svegliarci presto per vedere il Taj Mahal alle prime luci del sole.

Il Taj Mahal

domenica 1 marzo 1992

Ci svegliamo di primo mattino, il nostro autista ci conduce nei pressi del Taj Mahal da dove, accompagnati da una guida, con un bus navetta raggiungiamo il mausoleo. Il Taj Mahal è il monumento più conosciuto dell'India ed è annoverato tra le prime sette meraviglie del Mondo. La visita rispetta le nostre aspettative, una porta a pishtac inquadra l'elegante architettura Moghul dalle delicate linee slanciate. Per raggiungerla bisogna fare una lunga passeggiata nei giardini "del paradiso", simmetrici e ben curati. La vasca che vi si trova al centro riflette i tenui colori del Taj Mahal ancora avvolto dalle brume mattutine mentre un pallido sole tenta di illuminarne la cupola. Come fanno milioni di turisti ci sediamo sulla panchina in marmo utilizzata da Lady Diana per una celebre foto. Entriamo nel Mausoleo dove è ubicata la tomba di Muztaz, la moglie del sultano Moghul che volle per lei il Taj Mahal, un segno d'amore perenne, una poesia di marmo sulle rive del fiume Yumana e a due passi dal Forte di Agra. Sulla riva opposta il Sultano avrebbe voluto edificare il suo Mausoleo ma fù costretto a fermarsi alle fondamenta perchè detronizzato dal figlio venne rinchiuso nel Forte Rosso. Terminata la visita siamo tornati con la navetta al parcheggio da dove con il nostro mezzo l'autista ci ha ricondotto in Hotel per la colazione. Abbiamo trascorso il resto della mattinata tra la camera e la hall poi verso pranzo l'autista è tornato a prenderci per condurci nello stesso ristorante di ieri. Qui, dopo la negativa esperienza culinaria di ieri sera ho preferito digiunare limitandomi a un te. Siamo poi stati portati alla stazione ferroviaria dove l'autista che è stato con noi fin dall'arrivo all'aeroporto di Delhi ci ha lasciato per tornare a Jaipur. Lo abbiamo ringraziato con una buona mancia e abbiamo atteso il nostro treno. La grande sala d'aspetto presentava il solito quadro a cui l'India in questi giorni ci ha abituato, sporcizia, assenza dei più elementari requisiti igienici, gente avvolta nei loro sgargianti costumi polverosi e mendicanti. Fortunatamente il treno per Varanasi era decente, anzi mi azzardo a dire migliore di alcuni nostri convogli regionali. Gli scompartimenti ampi e le cuccette più grandi di quelle europee ci hanno permesso un piacevole viaggio. Il caldo era mitigato da ventilatori dalle grosse pale. Nel nostro scompartimento eravamo tutti turisti e questo mi ha permesso di dormire tranquillamente.

Sarnath e Varanasi

lunedì 2 marzo 1992

Arriviamo in mattinata alla Stazione di Varanasi dove ad aspettarci c'è il corrispondente del nostro Tour Operatore con un autista e la relativa autovettura. Veniamo condotti in Hotel dove sistemiamo le valige in camera. Nel pomeriggio veniamo condotti a Sarnath, una località nei pressi di Varanasi dove Budda predicò per la prima volta. Qui si trova la più antica Stupa del Mondo, venerata dai buddisti che ritengono questo un luogo santo. Tappa fondamentale nella vita del Budda è diventata un importante meta di pellegrinaggio. Devoti e monaci sono raccolti in preghiera intorno allo Stupa o sparsi nel grande prato circostante. Ci limitiamo ad osservare senza arrecare fastidio ai monaci avvolti nei loro lunghi abiti colorati che meditano sul futuro dell'umanità. Nel complesso il luogo è bello, vi si respira un aria di misticismo anche se in effetti lo Stupa, deteriorato dai secoli, sembra solo un grossop ditale da cucito. Usciti da qui andiamo al vicino Tempio poi torniamo in città. Qui visitiamo un Tempio induista all'interno del quale è stata riprodotta in marmo l'India in miniatura con tanto di rilievi e fiumi. La sera raggiungiamo le rive del Gange, il sacro fiume degli induisti, Qui veniamo assegnati a un'altra guida, un ometto baffuto che ci presa una barchetta ci porta a vedere il tramonto sul fiume. Sono molte le imbarcazioni che solcano le acque del Gange, alcuni fedeli, ma anchje turisti, vi depositano lumini accesi che galleggiano su delle foglie. Il lungofiume è rivestito da scalinate chiamate Gat che permettono ai fedeli il contatto con le sacre acque. Un paio di Gat sono riservati alle cremazioni. Gli induyisti vengono qui a morire da ogni dove perchè disperdere le proprie ceneri nel Gange assicura loro la fine del ciclo delle reincarnazioni. La vita eterna giustifica un lungo viaggio per farsi abbrustolire su pire improvvisate ai bordi del fiume. Sulle rive trovano posto anche alcuni palazzi dei maraja delle lontane terre del Rajastan. Quando torniamo all'ormeggio è in corso una grande festa che miscela religione e folclore con canti, suoni e gesti rituali fatti col fuoco. Per raggiungere il nostro mezzo dobbiamo attraversare parte del centro urbano affollatissimo, sporco e disordinato. Veniamo poi condotti in Hotel per la cena (abbastanza gradevole per i canoni indiani) e il pernotto.

Varanasi

martedì 3 marzo 1992

L'ultimo giorno in India inizia prima dell'alba quando con il nostro autista raggiungiamo nuovamente le rive del Gange dove ci aspetta la stessa persona che ieri ci ha fatto da guida. Con lui in qualità di vogatore saliamo su una barchetta per solcare le acque del sacro fiume. Rivediamo i gat per le cremazioni, i santoni dalle lunghe barbe intenti a meditare, i fedeli che si immergono nelle acque e gli uomini impegnati a lavare i capi di vestiario. Questi ultimi percuotono violentemente sulla riva gli indumenti intrisi d'acqua. Intanto il sole illumina lentamente il Gange espandendo i suoi ancora deboli raggi sulla superficie liquida del fiume. Tornati al gat da cui eravamo partiti la guida ci conduce nell'intricato centro storico di Varanasi dove visitiamo uno dei numerosissimi templi e la casa di un artigiano che produce tappeti. L'intento ovviamente è quello di farci acquistare ma noi ci limitiamo ad osservare. Attraverso il labirintico tessuto stradale della città torniamo alla nostra autovettura che ci riporta in Hotel. Ne approfittiamo per riposare un paio d'ore poi il nostro autista ci accompagna all'aeroporto per il volo diretto a Kathmandu in Nepal.