Ho Chi Minh e Delta Mekong
località: ho chi minh, can tho, ben tre, tp chau doc
regione: vietnam del sud
stato: vietnam (vn)
Data inizio viaggio:
venerdì 14 gennaio 1994
Data fine viaggio:
lunedì 17 gennaio 1994
Arrivato in Vietnam come prima tappa di un tour in Indocina comprendente anche Thailandia e Cambogia. Atterravo in serata all'Aeroporto di Ho Chi Minh con volo Emirates proveniente da Dubai (Emirati Arabi Uniti).
Viaggiavo in compagnia di due amici.
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Ho Chi Minh
venerdì 14 gennaio 1994
Atterrati ad Ho Chi Minh in serata, con il taxi ci trasferivamo nell'Hotel prenotato dall'Italia e ubicato in pieno centro, nel Distretto 1. Dopo aver preso possesso della nostra camera tripla ci recavamo in un vicino Hotel per incontrare un amico arrivato in Vietnam già da qualche giorno. Insieme andavamo a cena in un localino proprio di fronte al nostro albergo. Intanto avevamo ricevuto in camera la telefonata della ragazza vietnamita che ci farà da guida da domani mattina. Salutato l'amico, facevamo una passeggiata nell'affollato centro di Ho Chi Minh, la città più grande del Paese, un tempo con il nome di Saigon capitale del Vietnam del Sud. Dall'unificazione del Paese la capitale è ad Hanoi, un migliaio di km più a nord. Le strade principali del Distretto 1 sono intasate dal traffico composto prevalentemente da ciclomotori che rendono difficile l'attraversamento. La zona frequentata dai turisti occidentali pullula di locali dove si suona musica dal vivo e go go bar dove avvenenti signorine intrattengono gli ospiti senza troppo pudore. Anche qui i ciclomotori sono numerosi e si fanno largo dribblando i turisti e i carrettini che vendono alimenti decisamente poco invitanti. Mi incuriosiscono i venditori ambulanti di seppie essiccate. I vietnamiti sembrano tutti indaffarati, camminano frettolosamente indipendentemente che usino ciclomotori o che si spostino a piedi. Rientriamo in hotel per il pernotto.
Ben Tre
sabato 15 gennaio 1994
Il mattino seguente consumiamo la colazione all'ultimo piano dell'Hotel, il decimo, di fronte ad una vetrata che si affaccia sulla città senza però offrire niente di eclatante. Troviamo anche il tempo di fare un ulteriore passeggiata nell'isolato più che altro per vedere il fiume di motorini che si muovono all'unisono ogni qual volta che a un incrocio il semaforo diventa verde. Puntualmente arriva in Hotel la nostra guida, una giovane donna che parla un discreto italiano e che si farà chiamare Li. Apprendiamo che ha studiato a Firenze e vissuto a Figline Valdarno. Saliamo sul microbus messoci a disposizione e ci trasferiamo nel Delta del Mekong. Lasciata la città viaggiamo in una regione rurale disseminata di campi coltivati a riso sul quale sporadicamente insistono delle tombe. Fino al divieto imposto dal Governo alcuni anni fa era tradizione nelle famiglie contadine seppellire i loro cari nei terreni che avevano lavorato per una vita. I vietnamiti che professano un buddismo infarcito di animismo credono che la presenza del loro avo sul terreno sia propiziatorio di un buon raccolto. Di tanto in tanto si vedono dalla strada contadini intenti a lavorare con in testa il caratteristico cappello conico. Oltre che al copricapo le donne indossano sovente una mascherina come quella che usano i chirurghi. L'abbronzatura in Vietnam è vista come un segno di povertà ed è giudicata brutta per cui si tende sempre a proteggere il volto. Come a Ho Chi Minh anche sulla strada che percorriamo si assiste a un copioso traffico di ciclomotori, per lo più di fabbricazione giapponese, su cui a volte trovano posto interi nuclei familiari. Il casco lo indossa solo il conducente e in alcuni casi mi è capitato di vedere a bordo pure dei neonati. Più che motociclisti sembrano degli equilibristi, già è difficile districarsi nel caos cittadino ma anche trasportare merce strabordante di ogni genere sulla sella non è certo da meno. Durante il percorso ci fermiamo in un luogo costruito appositamente per i turisti con negozi di souvenir, ristoranti, caffetterie. L'ambiente è comunque elegante, una specie di giardino botanico con tanto di stagni attraversati da ponticelli di legno e ninfee. Arriviamo sul Delta, una regione segnata dai numerosi corsi in cui si divide il Mekong prima di buttarsi nel Mar Cinese Meridionale. I bracci del fiume separano il territorio in centinaia di isolette più o meno grandi. Arrivati sull'isola di Ben Tre saliamo a bordo di un barcone con cui raggiungiamo sulla riva opposta un villaggio immerso nella rigogliosa vegetazione. Ad accoglierci c'è una famiglia locale che ci offre una tazza di te e ci propone il miele di loro produzione che non acquisteremo. Nel villaggio c'è anche una fabbrica di caramelle a base di polpa di cocco di cui la guida ci spiega il lungo processo di produzione. Assaggiamo una caramella ancora calda avvolta in una foglia di carta di riso, un pò stucchevole per i miei gusti ma di consistenza morbida come una mou. Qui si vende anche un distillato locale chiuso in bottiglie dentro le quali è stato posto un serpente. Passeggiamo su un sentiero ricco di piante tropicali come l'albero del pane, il frutto del drago, il puzzolente duriam, banane, ananas, manghi, cacao e noci di cocco. Sul percorso incontriamo contadini nelle loro quotidiane mansioni. La guida ci fa notare che c'è una felce con foglie particolari che sfiorandole si chiudono su se stesse. Alla fine del sentiero ci troviamo su una strada di campagna dove saliamo su un carretto trainato da un cavallo con il quale raggiungiamo un'altro villaggio sul fiume. Qui ci sono dei ristorantini ad uso dei turisti, prima ci offrono una degustazione di frutti tropicali, poi un esibizione di canti popolari. Il gruppo musicale è composto da un cantante e da due belle cantanti vestite in abito tradizionale accompagnati da suonatori di strani strumenti a corda e a percussione. Dall'imbarcadero sottostante saliamo su una sampan, la tipica barchetta del Delta con cui solchiamo le acque di uno stretto canale circondato da mangrovie e palme. La barchetta è condotta da una donna che rema in piedi. Alla fine di questo corso d'acqua secondario ci ritroviamo su uno dei grandi bracci del fiume, saliamo su una barca più grande e ci trasferiamo al ristorante affacciato sul fiume. Pranziamo con una specialità locale, un pesce arrostito servito anziché orizzontalmente in un piatto, verticalmente appoggiato su una piccola impalcatura in legno. Non riesco a capacitarmi di come possa mangiarlo ma poi viene un cameriere che messosi un paio di guanti sottili lo sporsiona avvolgendo il tutto in foglie di carta di riso. Da tutta questa operazione ne scaturiscono dei piccoli involtini che a noi non rimane che immergere in una scodellina riempita con una salsa che ben si sposa con la pietanza. Chiudiamo il pasto con della frutta fresca. Riprendiamo quindi la navigazione sul barcone che ci riporta dove eravamo partiti questa mattina. Ad attenderci c'è il nostro autista con il microbus con cui prendiamo la strada per la città di Can Tho. Arriviamo in prima serata all'Hau Giang Hotel ubicato in pieno centro. Dopo aver preso possesso della camera facciamo una passeggiata in città per vedere il viale che risplende di mille decorazioni policrome luminose e il vicino mercato notturno composto da centinaia di bancarelle che vendono di tutto, dall'abbigliamento agli alimenti. Non mancano i venditori di insetti fritti ma per fortuna non vediamo cani allo spiedo. Rientriamo in Hotel per il pernotto.
Da Can Tho a Chau Doc
domenica 16 gennaio 1994
Ci svegliamo all'alba, consumiamo la prima colazione in Hotel e poi ci trasferiamo con il microbus e la nostra guida sul lungofiume dove ci imbarchiamo per andare al mercato galleggiante di Cai Rang, il più famoso e genuino del Delta. A differenza di molti mercati galleggianti che si trovano in Indocina e che sono rivolti ai turisti, questo è un mercato vero, al servizio della popolazione locale. Si vende all'ingrosso e l'unica cosa che è consentito comprare sono le ananas servite da una barca dopo averle sapientemente tagliate. Il mercato è pieno di barconi carichi di ogni genere di mercanzia. Tra le barche più grosse si aggirano barchette di singoli venditori paragonabili ai nostri ambulanti. Saliamo anche su una chiatta adibita a negozio di frutta e verdura. Tornando indietro osserviamo le povere casette galleggianti dei pescatori, una segheria di legname con grossi tronchi d'albero tenuti in acqua affinchè non secchino e le sporadiche piante che galleggiano sulla superficie del Mekong. Approdiamo in un mercato coperto dove si vendono al dettaglio pesce, carne, indumenti, borse, valige e cianfrusaglie di ogni genere. Tutto appare caotico ai nostri occhi occidentali, l'ambiente polveroso e disordinato emana odori forti. I pescivendoli accovacciati con i loro copricapi conici prelevano il pesce ancora vivo da recipienti di plastica e lo squartano preparandolo per la vendita. Un altro maneggia della carne indecifrabile che spero tanto non essere di cane. All'uscita dal mercato ci troviamo in una strada polverosa su cui si affacciano negozietti ad uso dei locali e carretti con immangiabile gastronomia mentre tutto intorno gli immancabili ciclomotori cercano di farsi strada tra la gente. A piedi arriviamo al nostro microbus che ci attende per un lungo trasferimento a Chau Doc. Dobbiamo camminare per ore, durante il tragitto ci fermiamo per pranzo in una Cocodrile Farm. L'ambiente è pulito, mangiamo la coda di coccodrillo e un po di frutta. Visitiamo le vasche che ospitano numerosi coccodrilli nati in cattività, la maggior parte dei quali destinati alla pelletteria. C'è anche un allevamento di cani che non oso pensare a che fine faranno. Si prosegue poi per Chau Doc. Arrivati in città facciamo una prima tappa in un grande albergo per una prima panoramica del fiume dalla terrazza, poi proseguiamo per l'imbarcadero dove prendiamo posto su una barca. Prima tappa al villaggio galleggiante dei pescatori costituito da grosse chiatte su cui sono poste le abitazioni. Di fronte alla casa il resto della chiatta funge da terrazza su cui si apre una botola di accesso all'allevamento dei pesci, quasi sempre si tratta del pangasio della famiglia dei pesci gatto. Lanciando del mangime nella botola si ottiene un turbinio di pesci che sguazzano nell'acqua provocando alti schizzi. Risaliamo sulla barca portandoci nel villaggio su palafitte dell'etnia Cham, una popolazione musulmana originaria del Vietnam centrale. Le palafitte sono collegate le une alle altre da alte e apparentemente precarie passerelle. Mentre noi stiamo attenti a dove mettere i piedi i bambini locali attraversano ponti e passerelle con assoluta tranquillità. Le case su palafitta rispondono a due esigenze: preservano l'abitazione dalle numerose esondazioni del Mekong e forniscono ombra durante le afose giornate visto che la gente vive soprattutto sotto la casa. Il villaggio palafitticolo è diviso in due da una strada rialzata su cui si affaccia la piccola Moschea. Ripercorse le passerelle a ritroso torniamo all'imbarcazione che ci porta all'imbarcadero da cui eravamo partiti. Con il microbus andiamo all'Hotel che ci ospiterà stanotte. La sera facciamo una passeggiata in centro tra bancarelle e luci multicolori. Rientriamo quindi in Hotel per il pernotto.
Chau Doc
lunedì 17 gennaio 1994
Al risveglio facciamo colazione in Hotel poi ci trasferiamo con il microbus all'imbarcadero sul Mekong. Qui salutiamo la nostra guida Li e conosciamo il ragazzo che ci assisterà fino in Cambogia anche se solo in inglese. Saliamo sulla barca veloce, ma non troppo che dovrà portarci fino a Phnom Phen. Solcando le acque del Mekong passiamo di fronte a villaggi palafitticoli. Dopo poco più di un'ora giungiamo alla dogana vietnamita, posta su una chiatta, dove espletiamo le formalità doganali. Risaliamo in barca e proseguiamo per la vicina dogana cambogiana (vedi itinerario in Cambogia).