RAPPORTO MOLTIPLICANTE 11
località: cagliari
regione: sardegna
stato: italia (it)
Data inizio viaggio:
domenica 12 luglio 1987
Data fine viaggio:
domenica 12 luglio 1987
Il dodicesimo giorno
La strada continuava per qualche chilometro nel dissesto con cui l’avevo trovata, qui i camion carichi di pietre sottratte alla montagna, avevano circolato per molti anni.
Lo scoglio di “ Pan di zucchero ” lo si poteva ancora ammirare.
Da lontano del fumo denso oscurava il cielo, ancora una volta ettari di macchia venivano sottratti alla natura.
Mi avvicinavo, con timore, sempre più a quella nuvola grigiastra, degli strani rumori sul mio cambio, preoccupavano il mio incedere verso l’arrivo.
Non avevo più molta voglia di mettere alla prova l’esperienza per quel viaggio, era come se avessi voglia di ritornare.
Una strada parallela che correva lungo il percorso che stavo realizzando, mi solleticava il desiderio di percorrerla, ma credo che se fossi stato su quella, la domanda sarebbe stata identica.
La domanda, si la domanda è il solito problema, saper domandare, permettere di domandare, saper accogliere la domanda.
Come ieri anche oggi la domanda è portante, alle volte non ti accorgi di essa o non vuoi accorgerti di essa.
Io quando posi la mia domanda non ero certo che quella sarebbe stata la mia esperienza, mi paravo dietro l’insicurezza, al di là dell’accoglimento di essa. Perché alla domanda non vi è risposta, ma o la si accoglie oppure no, alla domanda non si risponde.
Mi feci accompagnare per quegli ultimi chilometri, dalla musica di Francesco De Gregori.
Intorno a me tutto era bruciato dal sole, cominciavo ad intravedere la città di CAGLIARI, un autista di una linea di trasporto urbana, si compiaceva del mio abbigliamento, necessario a proteggersi dal sole, fatto di un copricapo ricavato da un canovaccio da cucina, che era la mia tovaglia da pranzo, e dei miei occhiali da ghiacciaio, che ricordo di averli acquistati per poter mediare le mie esigenze di montagna, e le mie velleità motociclistiche.
Ricordo che quando decisi di acquistare la mia moto, una “Lambretta 150” ero molto fiero della scelta, perché con lei, avrei potuto percorrere anche l’autostrada, a dire il vero non lo feci, oggi è rimasto quel luogo affettivo di cui non riesco a privarmi del possesso, non so perché, comunque riesco ancora a trattenerla sotto una tettoia protetta dalle intemperie, il desiderio è quello di poterla rimettere in moto e riuscire a fare un giro con lei.
Mi accorgevo di entrare nella città perché il traffico aumentava, e le strade si complicavano, era difficile riuscire ad entrare in quella logica che dopo giorni e giorni di cammino, avevo dimenticato.
Riuscii a raggiungere il porto, per avere informazioni per imbarcarmi verso il continente.
La bimba che era nella sala d’attesa avrà avuto meno di due anni, giocava con la sala d’aspetto cercando qualche complice, mi trovò disposto al suo scopo, giocammo per qualche minuto, lei mi dimostrò la sua simpatia, io il mio stupore di poter essere amato dopo settimane di solitudine. Era il primo rapporto che ebbi ad avere con la società, passai molto tempo a fotografare la sua felice seduzione.
Quando ci lasciammo ero già verso “Quarto Sant’Elena”, prima di raggiungere il campeggio attraversai un lungo tratto di stazioni balneari, mi piaceva trascorrere i nomi, da “Miramare” a “Carabinieri”, pensai al mio amico Oreste che so che avrebbe approvato questa mia impresa.
Il campeggio che ospito quella mia ultima notte, era molto accogliente, ma non per me che lo sentivo costrittivo, non per altro, ma perché le notti passate fino ad ora erano libere nello spirito, niente tenda, niente sacco a pelo, “ ...e per tetto un cielo di stelle...” diceva il titolo di non so cosa.
Il primo impatto con quella realtà fu molto eloquente, ma necessario. Avrei potuto continuare a fuggire?
La mattina seguente era plumbea, e l’atmosfera intorno a me era ovattata, penso che ebbi più difficoltà, ad affrontare quei pochi chilometri che mi distanziavano dalla città, che per tutti quelli che avevo sino ad allora percorso.
Dopo poche ore mi ritrovai turista in un luogo che non avevo scelto di visitare, mi feci accompagnare per le vie, alla ricerca di qualche sentimento, fu bello inseguire furtivamente il passeggio di una ragazza.
Mi ritrovai di fronte alla Cattedrale, non ricordo quali ricchezze contenesse, ma la mia attenzione fu rapita per qualche tempo, prima di uscire e continuare la mia inutile permanenza.
Arrivò il tempo della partenza, m’imbarcai su quel traghetto che mi riportava al reale immaginato.
Il viaggio portava con se il ricordo di un’avventura ormai trascorsa, credo che piansi di fronte all’ultima terra verso l’orizzonte. Quel mio amico straniero che condivise con me la traversata mi permise di discorrere, nel mio francese, sulla Logos e sulla Metis, e mi pare che ne fu convinto.
La notte passata sul ponte della nave era molto umida, ma più consona al mio traversare.
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