Cile e Rapa Nui

località: santiago, valparaiso, vina del mar, san pedro de atacama, puerto varas, puerto montt, isola di pasqua
stato: cile (cl)

Data inizio viaggio: giovedì 3 agosto 2006
Data fine viaggio: venerdì 18 agosto 2006

2 settimane di tour de force dal nord del Cile fino alla Patagonia, con uno stop finale alla mitica Isola di Pasqua.
Per quello che mi riguarda vi posso dire che tanto mi è piaciuto il nord del Cile sulle strepitose Ande, tanto mi ha deluso la Patagonia Cilena.
L'Isola di Pasqua è molto interessante, peccato sia talmente piccola che in 2 giorni si è visto tutto. la sfortuna è che ci sono solo 2 voli a settimana per l'isola e quindo tocca fermarsi 4 giorni minimo.....sono veramente troppi.
Vi sconsoglio di andare in Cile con Iberia che è terrificante, mentre Lan Chile è un'ottima compagnia.
Il clima è piacevole. E' inverno, ma complessivamente si sta bene. In Patagonia piove sempre, è umido e ovviamente più freschino.. Sull'Isola di Pasqua c'è un clima tropicale.
Sulle Ande c'è una fortissima escursione termica, caldissimo di giorno, freddissimo la sera.
La cucina cilena è super-meravigliosa.
Andate a Las Vacas Gordas se passate da Santiago.



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giovedì 3 agosto 2006

Finalmente è giunto il giorno della partenza. Devo tirare pomeriggio perché il mio volo per Madrid parte in serata. Vengo assalita da fame cosmica e siccome pare che su Iberia non si mangi (non è una compagnia low cost, ma si paga da mangiare e anche parecchio), mi vado a sparare un mega trancio di pizza al self-service. Finalmente il decollo. L’aereo è pieno di turisti in bermuda e infradito diretti in Messico e spiagge Brasiliane. Ma chi me l’ha fatto fare di andare al freddo?
L’appuntamento con Daniela, la mia compagna di viaggio è a Madrid. Sarà solo un breve incontro, poiché là saliremo su due aerei diversi, che partono a mezz’ora di distanza, diretti alla destinazione finale, non essendo riuscite a trovare 2 posti sullo stesso veivolo. Giusto il tempo di fare 4 passi e raccontarcela, il suo volo, operato da Lan Chile, parte in perfetto orario a mezzanotte, mentre il mio con Iberia viene dato già con 2 ore di ritardo sul tabellone.
Alle 2.30 del mattino (con 2 ore e mezza di ritardo) finalmente mi imbarco su un orribile e stravecchio Airbus 340-300, coi sedili marroncini cacchetta, le cuffie che non funzionano, i canali musicali che non vanno ed un unico monitor piccolo e invisibile su cui danno “Mission Impossibile III”, a cui devo rinunciare per ovvi motivi. Non mi resta che cercare di dormire, quando il vecchio accanto a me ha la bella pensata di addormentarsi di sasso e cominciare a russare ininterrottamente, andando avanti per tutte le 14 ore di volo.

venerdì 4 agosto 2006

Dopo più di 14 interminabili ore di volo, cibo scadente e ormai 50 ore sveglia, atterro all’alba nientepopodimeno che a Santiago, capitale del Cile.
In aeroporto è un via vai di aitanti sciatori che vengono dal nostro emisfero per sciare sulle Ande anche nella nostra estate, ma nemmeno li guardo, perché semi rincoglionita dal sonno e dal freddo pungente. La temperatura è di 12 gradi. Daniela è già arrivata da 2 ore e passa e mi aspetta nel parcheggio dell’aeroporto.
Dopo una breve colazione a base di succo di fragola e biscotti si parte alla scoperta di Santiago.
La città sembra interessante. E’ circondata dalle Ande che, con le loro cime innevate che raggiungono i 5.000 metri, danno a Santiago una vista spettacolare. La città è moderna e ricca, non come me la aspettavo. E’ un miscuglio di tante città diverse, ci sono angoli che mi ricordano la vecchia Parigi e Londra, un quartiere pieno di grande firme uguale a Beverly Hills, altri quartieri più spagnoleggianti e altri ancora più tipici del Sud e Centro America. Santiago è trafficatissima e piena di gente. Io e Daniela, invece di guardare i monumenti, le chiese e i musei, ci perdiamo per mercatini.
Se vi dovesse mai capitare di andare da quelle parti, occhio a dove camminate nell’area pedonale, o rischiate di essere investiti dalle auto. Le strade di percorrenza che tagliano le vie pedonali non sono segnalate e sono prive di semafori, praticamente sembrano un tutt’uno con l’area pedonale, non c’è differenza nella pavimentazione. Seguite i Cileni e andrà tutto liscio.
La sera, dopo aver girato e visitato l’ippodromo, il mercato del pesce, il lungo fiume, le vie pedonali del centro, il quartiere finanziario, i parchi, i musei e le chiese, e chi più ne ha più ne metta, su consiglio di una signora dell’albergo, io e Daniela andiamo a mangiare a “Las Vacas Gordas”, quello che diventerà il nostro ristorante preferito. Si mangiano carne alla griglia altissima e enorme (minimo 500 grammi), che viene cucinata a vista su enormi bracieri, empanadas, papas in tutte le salse, spiedini, camarones e altre succulente specialità del luogo, in mezzo ai locali (essendo il luogo imboscato in una vietta lontana dalla zona centrale e irraggiungibile dai turisti). Che meraviglia di cibo ed il conto è solo di 11.000 $! Ormai abituati all’euro, ci prende un colpo, ma in realtà dopo avere fatto 4 conti scopriamo che si tratta solo di 20 euro in 2! Come primo giorno non c’è male.

sabato 5 agosto 2006

La giornata odierna è dedicata alla visita di Valparaiso, una città sul mare, porto più importante di questo lunghissimo paese e di Viña del Mar, la Forte dei Marmi Cilena.
Prima di arrivare sul mare però, facciamo una sosta nella zona dei vitigni, visitando un’azienda vinicola, imparando l’arte del buon vino e sbevazzando calici di rosso e bianco a stomaco vuoto alle 10 del mattino.
Valparaiso è una cittadina coloratissima, arroccata sui colli in riva al mare. Sembra un enorme arcobaleno per via delle sue cassettine minuscole dai colori svariati e dei tetti in lamiera, molto simile a San Cristobal de Las Casas in Chiapas (anche se molto molto meno bella). I colli sono talmente ripidi che per agevolare gli spostamenti è tutto un susseguirsi di funicolari e ascensori che portano la gente a casa dalla riva del mare ai colli.
Innanzitutto si va a vedere “la Sebastiana”, una delle case dove ha vissuto il poeta Pablo Neruda, una palazzina buffissima su più livelli, piena di stanze curiose, simile a un veliero e folleggiante quasi come il “Vittoriale”, poi io e Daniela decidiamo di salire sulla funicolare che porta in città per fare un giro di prova. La funicolare di nome Conception è claustrofobica, simile a un monolocale di 1 metro quadro, tutta di legno vecchissimo e dotata di una mini panca (ignoro il perché visto che il tragitto è di un minuto scarso). Appena si parte ci viene un po’ di fifa perché i meccanismi sono cigolanti e la funicolare traballa, insomma, il mezzo è sempre lo stesso dal 1880. Una volta giunti alla zona portuale facciamo una sosta nell’enorme Piazza Sotomayor, tutta piastrellata alla maniera Cilena. Non avendo ancora appreso l’arte dell’architettura stradale, cammino ignara, non sapendo che la piazza non è pedonale come sembra, ma le macchine circolano e parcheggiano senza che ci sia una regola.
Per pranzo si va a Viña del Mar, dove pare che tutti i Cileni passino le vacanze estive. Peccato che le bellissime spiagge e le scogliere a picco sull’oceano Pacifico incazzato, siano state rovinate da questa colata di cemento e grattacieli.
Io e Daniela ci gustiamo con grande appetito i piatti tipici del luogo: machas alla parmesana, ovvero dei frutti di mare rosati a metà tra ostriche e cozze, che vengono gratinati in forno con parmigiano e vino bianco e la chupe de mariscos, una zuppa di pesce fenomenale e nutriente servita in bollenti e tipiche ciotoline di ghisa nera.
Per digerire ci facciamo una passeggiata sulla spiaggia, ci fermiamo in un locale tutto di vetro, a forma di onda, in riva al mare e sorseggiamo il famosissimo cafè cortado accompagnato con acqua e cioccolatini. Poi decidiamo di girare per le bancarelle e ci compriamo dei dolcetti di sfoglia da un anziano marinaio del luogo, senza capire cosa stiamo comprando, perché il marinaio si esprime in Cileno stretto ed è sprovvisto di denti, perciò è davvero difficile seguirlo nella conversazione.
In autostrada tornando a Santiago vedo il tramonto più bello e rosso fuoco della mia vita.
La sera io e Dani andiamo a cena da “Ana Maria”, un ristorante esclusivo e molto elegante nei pressi dell’Ippodromo, dove per entrare si deve suonare il campanello, come in un club privato.
A cena mangio congrio, un pesce locale che ricorda il merluzzo e crema de choclo e capisco che se si continua a mangiare così bene, tornerò con almeno 5 kg in più.

domenica 6 agosto 2006

La sveglia è prevista all’alba. Oggi ci tocca prendere l’aereo per andare sulle Ande, precisamente a San Pedro de Atacama, al confine con la Bolivia, a quota 2.550 metri s.l.m..
Atterriamo in realtà a Calama, sulle Ande, dove ci aspetta il giovane Rodrigo la nostra guida locale.
La temperatura è spettacolare e in 1 ora di paesaggi mozzafiato, di rocce, minerali e dune arriviamo a San Pedro de Atacama.
Questa cittadina è strepitosa e vale il viaggio. E’ un posto dimenticato dal mondo, con case in argilla, in mezzo alla polvere, niente asfalto, cani randagi, “rastoni” e gente freak. Sembra di girare in mezzo alle scene di un vecchio western, o di essere nei puebli del New Mexico, sembra di vivere in una comunità new age. L’atmosfera è unica e ci sono pure le bancarelle piene di cavolate. Ho trovato il paradiso!
Nel primo pomeriggio andiamo a visitare la vicina Valle della Luna, una spaccatura nelle pietre simile a Petra in Giordania, a cui si giunge camminando in mezzo alle dune. Le dune sono talmente alte che ci si può persino fare surf. Il paesaggio è molto bello.
Rientrate a San Pedro, impolverate e disidratate, io e Dan andiamo a cenare all’”Adobe”, il ristorante più trendy della cittadella, dove mangiamo all’aperto (nonostante la temperatura notturna crolli verticalmente), davanti a un falò sotto le stelle, con musicisti andini che suonano buffi strumenti in sottofondo. Che sogno!
Andiamo a dormire al “Kimal”, un albergo con le fattezze di un pueblo, le cui stanze sono casettine in cui la vegetazione è incorporata. Il tetto della casupola è di vetro, tiro la tenda che copre il soffitto e dormo sotto le numerosissime e luminosissime stelle dell’emisfero sud, la via lattea e la luna piena. Cosa chiedere di più dalla vita?

lunedì 7 agosto 2006

Oggi dopo uno sconfinamento nella vicinissima Bolivia, ci fermiamo in un pueblo sperduto di nome Toconao Radio.
Per finire la giornata, come nella più romantica delle vacanze, andiamo al Salar de Atacama, alla Laguna Chaxa a vedere il tramonto e la riserva di fenicotteri. Questa ricchissima giornata sembra non avere mai fine e ci vuole riservare ancora un magnifico spettacolo mozzafiato.
E’ inverno e le Saline non sono del tutto bianche come mi aspettavo (il sale non si è formato del tutto) e come avevo visto in foto, ma lo spettacolo merita ugualmente.
Immaginatevi una enorme distesa di sale, i fenicotteri rosa in contrasto, il silenzio assoluto, le montagne e il tramonto che colora di varie sfumature rosa e viola tutto il paesaggio intorno.
Nessuno osa parlare, rapiti come siamo dalla bellezza e dalla magia del luogo. Nemmeno dopo che il sole è tramontato dietro le Ande osiamo alzarci e spezzare l’incantesimo. Sono senza parole.
Quando si sta per fare buio andiamo ad un rifugio all’ingresso del Salar, dove, per concludere in bellezza la straordinaria giornata, i guardia parco e Rodrigo ci hanno allestito un banchetto pantagruelico in stile happy hour e, mentre sorseggiamo vini cileni, pisco sour e mangiamo frutta secca, formaggio e biscotti, continuiamo a guardare le Ande.
Torniamo in serata a San Pedro, dove io e Daniela proseguiamo nel comprare gioielli, quadri, “cazzate andine”, per finire a mangiare all’“Estanca”, un carinissimo locale con camino e un drago enorme incastonato nella parete.
Ci addormentiamo come sempre sotto le stelle e una enorme luna piena.

martedì 8 agosto 2006

La sveglia, con mia somma gioia, è alle 4 del mattino. Ci viene fornito il sacco merenda per quando sarà ora di colazione. Ci aspettano 2 ore di strada pesantemente sterrata, tutta in salita, per raggiungere i Geyser del Tatio, a 4.321 metri s.l.m.. Il motivo della levataccia, distanza a parte, è che si può assistere all’eruzione dei geyser solo all’alba.
Appena arriviamo, Rodrigo ci indica che fuori ci sono -12 gradi. Il panico mi assale, sia perché a digiuno (a quanto pare non si può mangiare per via dei gas sulfurei), sia perché stanca, sia perché non credo di essere a attrezzata per un freddo così pungente appena sveglia. Meno dodici li becchi in montagna d'inverno di solito....
Appena scendo dal bus vengo accoltellata dal gelo e mi sento male. Giro per i geyser come un automa, senza riuscire ad apprezzarne la bellezza, i vapori sulfurei che ribollono e i getti colorati, percependo a malapena i colori dell’alba che sta sbucando dietro le vette di 6.000 metri,.
Il Tatio si divide in tre zone bene separate. Arrivate alla terza, quando il sole, un po’ più alto, comincia a scaldare un po’ l’aria, ci viene preparato un banchetto per rifocillarci e darci energie. Finita la faticaccia, chi vuole può rilassarsi facendo il bagno nella fonte termale. Io non mi lancio però.
Passiamo il pomeriggio a rilassarci, riposare un poco e in giro per negozi, addormentandoci di sasso appena toccato il materasso.
Cena da Los Vascos a base di empanadas giganti.

mercoledì 9 agosto 2006

Ultimo giorno nelle indimenticabili Ande, tanto diverse e assai più belle di quelle Peruviane, voglia di partire nemmeno un po’. Io ci pianterei le radici in un posto bello come San Pedro!
La giornata è dedicata alla visita di alcuni vecchi insediamenti Atacameni, come Picara del Quitor e la fortezza di Aldea de Tulor. La vista è bella, ma dopo aver visto la Laguna Verde e la Laguna Chaxa niente può reggere il confronto, quindi la giornata passa veloce. E’ ora di imbarcarci sull’aereo che ci riporterà nella civiltà.
L’impatto col traffico di Santiago è una vera mazzata al cuore dopo diversi giorni circondati dal silenzio e dalle bellezze della natura.

giovedì 10 agosto 2006

Come ogni vacanza che si rispetti la sveglia è alle 5. Dobbiamo imbarcarci su un volo diretto a Puerto Montt, località a Sud del Paese, nel mezzo della Patagonia Cilena, un posto nella zona dei grandi laghi dove piove 360 giorni l’anno, ma che pare sia assolutamente divino negli unici 5 giorni di sole. La vera fortuna è capitarci proprio in quei giorni, ma, non essendo estate, parto già sconsolata.
Il volo è tranquillo e atterriamo a Puerto Montt sotto uno scroscio allucinante. Il Paesaggio è molto verde, per me un mix di Nuova Zelanda, Canada, Irlanda e Maine.
Siamo demoralizzate per la pioggia, ma felici perché dovremo imbarcarci a breve su un traghetto che ci porterà all’isola di Chiloè, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco per via delle 150 chiese in legno e delle coloratissime palafitte che caratterizzano l’isola. Siamo ignare del fatto che i Ciloti stiano protestando contro il governo per impedire che l’isola venga collegata alla terra ferma da un ponte. Morale, è vietato salpare e restiamo fregate.
Andiamo a soggiornare a Puerto Varas. Io e Daniela riusciamo a trovare un lato positivo anche a Puerto Varas. Intanto questa cittadina sul lago LLanquihue è un gioiellino. Mi fa tanto Nuova Zelanda. In secondo luogo lo shopping è strepitoso. Il nostro negozio preferito si chiama “Vicky Johnson”. La sera veniamo informate del blocco dell’isola fino a domenica. Nessuna speranza di visitare Chiloè. Praticamente siamo finite nella terra di nessuno, al freddo e al gelo per nulla. Almeno posso dire di avere visto la Patagonia e per quanto bella, sono ora certa che ci siano posti simili migliori e molto più vicini (o lontani a seconda dei punti di vista).
Ovviamente non smette di piovere, è umido e fa freddo, perciò la sera restiamo a mangiare nel ristorante dell’albergo davanti al camino.

venerdì 11 agosto 2006

Tanto per fare qualcosa andiamo a Fruttillar, il posto dove nascono le fragole e c’è un’antica colonia tedesca, peccato che non sia stagione di fragole e che piova a dirotto. Giriamo tutto il lago LLanquiuhe che non sembra mai finire.
Finiamo a Puerto Octay, dove non c’è nulla di nulla e decidiamo di tornare alla base.
Torniamo a Puerto Montt per visitare il mercato del pesce di San Angelmo. E’ molto carino, ma piove. Le alghe essiccate e i frutti di mare secchi appesi come delle collanine, anche se straordinari e caratteristici non sembrano interessarci più di tanto.
Ceniamo in albergo (col cavolo che esco, non ho più un vestito asciutto).

sabato 12 agosto 2006

Sempre sotto la pioggia andiamo al Parco Nazionale Vincente Perez Rosales per vedere le famose cascate del Petrouhè e il Vulcano Osorno.
Le cascate sono immense e turchesi. Peccato davvero che ormai l’acqua sia l’unica costante di questa parte del viaggio. Non ne posso più di avere i vestiti umidi, non ne posso più di essere circondata dall’acqua in ogni sua forma e tipologia; manca solo la neve…eh già, eccomi accontentata, perché in cima al Vulcano Osorno ci ritroviamo a tirarci palle di neve, immersi nella neve fino al collo.

domenica 13 agosto 2006

Finalmente stiamo per lasciare la pioggia e la Patagonia per tornare a Santiago, dove abbiamo una coincidenza per Rapa Nui, l’Isola di Pasqua.
Sono emozionata perché in fondo Rapa Nui è Polinesia, perché è un luogo mistico, è lontano 18.000 km dall’Europa, il punto più lontano a est. Così in là non mi ero mai spinta, non in quella direzione almeno, visto che mi sono spinta ben oltre. Posso dire che ormai ho circumnavigato il globo e ne sono orgogliosa.
Arriviamo ad Hanga Roa, la capitale la sera. Scendendo le scalette dell’aereo vengo avvolta da una brezza calda e mi sembra di rinascere. Come se non bastasse, veniamo tutti accolti in aeroporto con bellissime ghirlande di orchidee viola. Alohaaaaaaaaaaa…..benvenuti in Polinesia!!!
Il nostro alberghetto è molto spartano, ed è attaccato alla pista dell’aeroporto.

lunedì 14 agosto 2006

Eccoci all’Isola di Pasqua, meglio nota come Rapa Nui, o come il punto finale della Matrice, l’ombelico del mondo, Te Pito o Te Henua.
L’Isola è 12x25 Km, bellissima, molto brulla perchè disboscata dagli antichi re per la costruzione dei famosissimi Mohai, i pietroni che sono noti a tutti.
Fa parte geograficamente della Polinesia (politicamente del Cile), ma per via dei terremoti e del movimento delle zolle, si sta spostando sempre più a sud e verso la Patagonia (poverini). Cmq il destino è ancora più triste perché pare che un giorno uno tsunami la sommergerà del tutto.
La popolazione indigena è di 111 abitanti, gli altri sono polinesiani misti, oppure cileni.
Il paesaggio è notevole, un po’ scozzese, ci sono cavalli selvaggi che pascolano ovunque. Il mare è cristallino, le spiagge bianco-rosate e il terreno vulcanico. Il clima è tropicale, molto variabile e ogni tanto una leggerissima e impercettibile pioggerellina scende per non più di 1 minuto.
Come primo giorno ci cucchiamo subito i 5 Ahus di Vaihu, Akahanga Tongariki, Te Pito, Te Kura, Nau Nau, ovvero più di 500 Mohai in un giorno solo. Troppo anche per me, alla fine ce li ho fuori dagli occhi.
Visitiamo il vulcano Ranu Raraku, fabbrica dei Mohai, sulla cima del quale c’è un laghetto mozzafiato, un cui lato è a picco sull’oceano.
In serata andiamo alla spiaggia di Anakena, dove si trovano altri Mohai. Il mare è splendido, nemmeno gelido e facciamo il bagno.
A cena andiamo da “Pecheur”, il più famoso ristorante dell’isola.
Si mangia pesce molto buono dai nomi polinesiani bizzarri, peccato che il servizio sia pessimo e il conto salato.

martedì 15 agosto 2006

Oggi non ci resta che guardare quello che resta di archeologicamente interessante nella minuscola Isola, come il Museo, qualche petroglifo, gli unici Mohai che non guardano la terra ma il mare e il secondo vulcano, quello di Rano Kao che è ancora più bello del primo.
La giornata scorre veloce.

mercoledì 16 agosto 2006

Oggi ci siamo proprio annoiate, non sapevamo più come tirare sera.
Abbiamo girato per le stesse bancarelle con schifezze per turisti almeno cento volte.
A cena abbiamo prenotato da “Orongo” su consiglio di Dina, una donna di Reggio Calabria che vive ad Hanga Roa da 18 anni per via di una crisi mistica
Ovviamente il conto è alle stelle, come tutto su quest'isola e il bastardo ci fa pagare i 2 bis di tonno come due menu interi a prezzo pieno. Matto sì, ma con un gran senso degli affari a quanto pare…..

giovedì 17 agosto 2006

E’ giunta l’ora di lasciare quest’isola persa nel nulla, sotto un forte acquazzone tropicale.
Atterriamo in una soleggiatissima e caldissima Santiago.
La città è come trasformata, non la ricordavo così bella.
Andiamo a zonzo a goderci la città e torniamo a “Las Vacas Gordas”, Tra empanadas, zuppe, spiedini, mega gamberoni, vino e stura-lavandini alla menta, ci sentiamo appagate.

venerdì 18 agosto 2006

E’ giunta l’ora di partire e . Parto sola perché Dani si ferma un giorno in più.
Avrei voluto solo passare più tempo sulle Ande.....
Il volo è in orario, parte a mezzogiorno. L’Iberia, dopo 6 voli con Lan Chile, è ancora più brutta di come me la ricordassi.
Il volo peggiore della mia vita. In 14 ore solo un panino e un bicchiere d’acqua e guai a chiederne di più…..E poi come all’andata, luci e audio fuori uso.
Da delirio.